Esce oggi Inesse, nuovo disco di Erio: dopo un anno di tour nei principali club della penisola, questo nuovo disco vede Erio per la prima volta in veste di produttore con l’aiuto, in una manciata di tracce, di Yakamoto Kotzuga (“The Biggest of Hearts, A Glowing Gash”), Ioshi (“Kill it! Kill it!)” e Will Rendle di Will and the People (“Limerence”).
Il disco è mixato da Erio e Marco Gorini, sotto la supervisione di Paolo Baldini. Il master è di Simone Squillario. Il sound di “Inesse” vuole farsi più contemporaneo e vira verso un’elettronica fluida e distorta, contaminata da atmosfere R’n B e Hip Hop.
Erio traccia per traccia
Si parte subito da commistioni sonore articolate: sono quelle di The Biggest of Hearts, che viaggia dai cori orientali agli archi, con l’elettronica a fornire ritmo e respiro al tutto.
Sfumature, ma anche un ritmo molto cadenzato, quello di Limerence, che si avvicina di più ai criteri dell’hip hop, senza però utilizzare il rappato, ma conservando un canto qui e là anche molto angelicato.
Anche Becalmed ha uno schema simile, con un drumming potente e risonante su una base sonora scarna, qui con tendenze più cupe.
C’è un’elettronica piuttosto appiccicosa in The Glorious Advance of the Self Pityng Queen: insieme al violino, ad alcune curiosità vocali, ai cambi di ritmo e ai glitch, si compone una sorta di piccola piece teatrale, o di minisuite, che non rifugge da caratteristiche barocche.
A Glowing Gash si gioca sullo scintillio e sul passo, ma sviluppa una consistente potenza complessiva, con un sapore soul di fondo.
Andamento schizofrenico quello di Brief History of Se’ and Fa’, prima morbida e poi voluminosa, con il leit motiv del violino a fornire tocchi di intensità.
Se’ I’m Hungry. Those twelve days Still Longer On è breve ma molto consistente, quasi lirica. Toe the Warehouse parte molto piano, sviluppa linee melodiche quasi jazz, poi si allarga piano piano.
Kill it! Kill it! ha un titolo particolarmente minaccioso ma si distende in un pezzo incisivo ma non eccessivo, con sangue black.
Attic apre con un rappato che poi lascia spazio ad altre evoluzioni vocali, su un background sonoro a molti strati. Atmosfere spirituali orientali caratterizzano la conclusiva The Church, che si muove in direzioni psichedeliche.
Il disco di Erio risulta originale e sperimentale, saltellando oltre i confini e gli steccati dei generi, con una graduazione delle emozioni molto accurata. Nel suo complesso il disco, pur non essendo sempre facilissimo, ha contributi notevoli e molto evoluti a livello sonoro da offrire.