Ettore Giuradei, “Lucertola”: la recensione
Dopo la fortunata esperienza nei Dunk con Carmelo Pipitone, Luca Ferrari e il fratello Marco, con cui ha sempre condiviso il suo percorso artistico, Ettore Giuradei riparte con un progetto solista in cui il suo delicato cantautorato incontra l’orchestrazione live diretta dalla regia di Paolo Fappani e Ronnie Amighetti (Le KlubHaus) e l’estro creativo di Giacomo Papetti e Fidel Fogaroli (ex Verdena).
Il risultato è Lucertola, il nuovo album anticipato dal video 7 Astri (per la regia di Sara Barozzi), con 4 inediti e 5 rivisitazioni, un brano per ogni album pubblicato in precedenza.
“Prima di fare il disco con i Dunk avrei voluto farne uno da solo, più intimo e cantautorale, chitarra e voce. Ma non mi sentivo pronto. Il progetto ha però preso forza nella mia mente proprio durante l’avventura Dunk. Ho deciso di coinvolgere Giacomo Papetti, bassista, che viene dal circuito jazz e, alle tastiere, synth, effetti e tanto altro Fidel Fogaroli(Verdena). Giacomo e Fidel hanno registrato dopo aver sentito il disco solo una volta, affidandosi alla scintilla creativa del momento.”
Ai musicisti non sono state date partiture o brani da studiare, hanno potuto ascoltare i 9 provini dei brani del disco una sola volta. Una sorta di orchestrazione guidata dalla regia con il tasto REC sempre premuto, al fine di catturare tutti gli attimi della creazione degli arrangiamenti e tutte le takes di ripresa dei pezzi, successivamente analizzate, tagliate, ricomposte e post prodotte da Paolo Fappani nella versione definitiva, in ossequio a un processo creativo che vuole citare il lavoro del produttore Teo Macero nella realizzazione di Bitches Brew di Miles Davis.
Ettore Giuradei traccia per traccia
Si parte da un congedo: la Canzone dell’addio apre il disco con molta delicatezza e sfumature che occupano tutto il cielo. Suoni acustici e sintetici si danno il cambio per un’introduzione malinconica e cantautorale.
Rimane sospeso nell’aria il grido che si leva da Ferire il cuore, altra canzone di dolori e allusioni, ma le ferite sono più teoriche che effettive.
Quasi allegra (almeno a giudicare da un ripetuto “lalala”) Come stai, sempre minimalista ma un po’ più acustica.
Molto più oscure le atmosfere che si scelgono per La Sconosciuta, ritratto fatto soltanto di sensazioni che sfuggono, di un momento forte ma ormai passato.
La Lucertola del titolo si rivela elettrica e con un sound “da band”, anche un po’ vintage, compiaciuto e rotolante.
Femminile ma non necessariamente elogiativa Strega, che ritrae alcuni lati dell’eterno femminino, attraverso un cantato torrenziale ma anche attraverso sonorità qui e là brucianti.
Ci si rende conto come sia cresciuto anche il noise di fondo del disco quando si approda a 7 Astri, il singolo meno “da singolo” che storia della musica italiana recente ricordi, vista la lunghezza (più di sei minuti, il doppio della distanza radiofonica classica) e l’atteggiamento quasi da suite, con alternanze di umore e movimenti che crescono piano.
Si torna a un semiacustico con Prendimi un mazzo di fiorellini, che sa di curiosa fiaba nera ma comunque con tratti infantili, interessante excursus nella creatività di Giuradei.
Chiude, con immagini ipnagogiche, Un Attimo Prima di Dormire, ricca di echi e di incertezze che rimandano, almeno a livello di cantato, all’incipit del disco, con qualche deriva psichedelica e onirica in più.
C’è un viandante sotto la luna riflesso nell’acqua (o almeno questo sembra) sulla copertina di Lucertola, ed Ettore Giuradei nelle sue canzoni sembra questo: non esattamente un Lizard King, piuttosto un viaggiatore che cerca le proprie risposte in mezzo ai dubbi, alla luce della luna.
Il disco che pubblica è ricco di canzoni serie e di inquietudini, ma soprattutto di una sensibilità che potrebbe essere smarrita nel flusso del tempo e che invece qui emerge potente e ricca.