Evel, “Crepuscolare”: la recensione
Si chiama Crepuscolare il nuovo lavoro degli Evel, band nata nel 2011 con un paio di ep alle spalle. Il loro alternative rock è cantato rigorosamente in italiano è condensato in nove tracce che fanno chiaro riferimento alle sonorità anni Novanta.
Evel traccia per traccia
Il disco si apre con un’energica e molto ricca di vitalità e di drumming Non appartiene a me. Per contrasto, ecco poi Requiem, che pure si dimostra rumorosa e molto impregnata di sensazioni in diretta relazione con il rock italiano degli anni Novanta (ma anche con riferimenti al cinema horror d’antan).
Come un disco dei Misfits si apre fischiettando, ma l’umore non sembra proprio dei più allegri: chitarra protagonista e qualche sbalzo qui e là per una canzone dall’andamento non rettilineo, con un pizzico di teatralità.
Giulia si assoggetta a qualche influenza punk e presenta di nuovo un percorso piuttosto sghembo. Il Mostro prova a rimettere le cose in ordine, sempre con una buona struttura costruita dal drumming. Il pezzo prende pieghe piuttosto acide anche grazie al cantato. A proposito di acidità, sarebbe da misurare il pH de L’Urlo, che raggiunge vette singolari nel campo, accompagnando il tutto con rancore e chitarre.
Picchia duro anche Giuda (il primo uomo dalla Luna), strana storia tra il biblico e il fantascientifico, con cori e chitarre aggressive. La Cava delle Bestie rilancia discorsi arrabbiati, mentre la chiusura è affidata a Trinitrotoluene e Lime (titolo evidentemente ideato per mettere in difficoltà i recensori) che rinnova l’atteggiamento narrativo della band, sempre accoppiato con sonorità dure e senza compromessi.
Disco carico di significati e di tensioni sfogate con una certa forza, quello degli Evel. C’è anche qualche guizzo di originalità ma soprattutto a convincere è la sostanza trasmessa grazie a canzoni molto compatte.