Federico Dragogna: “Quello che ho capito di De André” @ Giardini Luzzati
Testo di Chiara Orsetti, foto di Daniele Modaffari
Da quel che Dragogna ha capito di De André, io ho capito qualcosa in più di Dragogna. Sembra un gioco di parole, neanche troppo divertente. Eppure, lo spettacolo andato in scena giovedì 18 aprile a Genova, nell’Area Archeologica dei Giardini Luzzati, è stato una matrioska di scoperte. L’artista milanese, noto a tanti per essere la chitarra, l’anima e i capelli dei Ministri, ha intrapreso il suo percorso solista consacrato con un primo album, Nascere, ha creato un reading che è anche un concerto, ma soprattutto una gigantesca riflessione. Quello che ho capito di De Andrè è il titolo di questo lavoro, non certo semplice da portare su un palco, reso ancora più ostico dal fatto che, a Genova, Faber non è proprio un artista qualunque.
Non un reading, dicevamo, anche se spesso Federico legge estratti di dichiarazioni, pensieri e risposte a interviste che hanno tutte come protagonista De André e la sua vita. La vita di uomo, non di un maestro, anche se per tutti, in qualche modo, lo è stato. Non un concerto, anche se alcune canzoni sono state eseguite su quel palco, un po’ con la chitarra, un po’ con l’ausilio di un’elettronica che Fabrizio forse avrebbe apprezzato.
Non un reading, non un concerto, ma qualcosa che sa tenere alta l’attenzione, e che lo stesso autore ha descritto così: “Non è un tributo a De André, né una lezione o una commemorazione: è davvero, semplicemente, quello che ho capito di lui e delle sue canzoni. Non è un concerto anche se della musica c’è, non è un reading anche se ho dei fogli davanti: di sicuro c’è la mia voce, la sua e quella del tempo in cui siamo tutti immersi”.
Ma, nonostante le curiosità che non conoscevo sull’artista di Bocca di Rosa, quel che, da fan di lunga data dei Ministri sopracitati, non ho potuto fare a meno di coglierne altre relative a Dragogna stesso.
Mentre la vita di De André scorreva, tra parole e note, i suoi vizi e le sue debolezze si delineavano in racconti già sentiti, già percepiti, in brani come Bevo, un tentativo del 2009 di dare una spiegazione a quel che spinge a buttarne giù sempre, a buttarne giù ancora. Mentre la carriera e il pensiero di De André prendevano sempre più forma e acquisivano sostanza, La pista anarchica sembra aver tracciato passi molto vicini ai suoi.
Spesso durante le interviste ai musicisti si chiede quali siano gli artisti di riferimento, ma mai la risposta a una domanda mai fatta ha saputo essere tanto esauriente.
Lo spettacolo proseguirà il suo tour a Lucca, i prossimi 10 e 11 maggio. Per capire qualcosa in più su De André, ma anche per conoscere meglio l’artista che ne vuole raccontare.