Federico Marchesano @ Calici Sonori: il report
Tocca al contrabbassista Federico Marchesano chiudere con un’esibizione da solista l’edizione 2018 di Calici sonori, che si è celebrata al Castello di Casale Monferrato (Alessandria).
Marchesano, noto per aver lavorato, tra l’altro, con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, nonché parte dei 3quietmen, prende il proprio posto al centro della scena. Poche concessioni al look (forse le stringhe delle scarpe verde fluo), si dedica allo strumento con passione e pazienza ma senza risparmiarlo.
L’esibizione è, di base, ardua e totalizzante: uno strumento solista che di solito solista non è, cioè il contrabbasso, che si occupa di dominare la scena in solitudine, guardato a vista dai contrafforti del maniero trecentesco.
Ma non ci sono mancanze nel fraseggio di Marchesano: la partenza è maggiormente percussiva, come a mettere subito dei punti fermi. Poi il flusso sonoro si sviluppa su più piani e livelli diversi, muovendosi su territori affini al jazz e alla classica. Ma è la personalità a colpire, sia che lo strumento sia suonato con le dita, oppure che preveda l’uso dell’archetto; che si inoltri per vie notturne o che si allarghi, a volte con dissonanze, su suoni a orizzonti più vasti.
Così vasti da raggiungere talvolta estremismi chiaramente psichedelici, come se al posto delle quattro corde del basso ci fossero le sei (o dodici, o quelle che sono) della chitarra.
La vita felice è preceduta da una breve introduzione dell’ultimo disco (“faccio un disco ogni dieci anni…” scherza Marchesano). Il brano mette in mostra anche le possibilità dell’autosampling, così da sdoppiare il suono tra ritmica e melodica in maniera efficace e drammatica. Si sfocia in aggressività elettrica non preventivata, di gusto quasi rock, senza indulgere al virtuosismo ma indugiando con attenzione nei passaggi e nel vibrato.
Si passa anche da sensazioni orientali e da una percussione multipla che sottolinea come le possibilità dello strumento, all’apparenza così monodimensionale, siano in realtà molteplici. Altri pezzi sottolineano la dimensione gutturale e ritmica, quasi a suscitare danze di estrazione balcanica.
Con i bis si recupera una dimensione più notturna e adatta alle luci calanti: si tenga conto che la performance ha luogo a ora di cena, più o meno. Si chiude con un’improvvisazione (Marchesano confessa candidamente di “non avere più pezzi”) ed è un pezzo vibrante e insistito, di consistenza più che di apertura cromatica.
Uno show corposo, anche fisico e molto originale, che mette in evidenza potenza e qualità e soddisfa palati fini ma non solo.
Pagina Facebook