Storielle dispari è il disco d’esordio di Filippo Villa, cantautore veronese che dopo i primi tentativi infantili (“Provavo a imitare Mike Oldfield, ma il più delle volte i pezzi somigliavano a quelli di Moby. Moby mi annoia. Quindi mi sono fatto alcune domande”) ha scelto una strada più tranquilla e vicina alla tradizione italiana.
Al suo disco hanno partecipato Veronica Marchi, Andrea Villa, Nelide Bandello, Giulio Corini, Maddalena Fasoli, Marco Pasetto, Luca Degani, Elena Bertuzzi e Fabio Lonardoni. Abbiamo rivolto qualche domanda a Filippo.
Si narra di tuoi episodi infantili con tastiere e campionatori… Come si arriva da lì a un disco “da cantautore” come “Storielle dispari”?
Ho cominciato a giocare con la musica elettronica perché per me era più facile e mi permetteva di sperimentare senza scimmiottare, anzi: cercavo l’originalità a tutti i costi. Con il passare del tempo ho sentito bisogno di raccontare delle storie, quindi serviva dare una forma più semplice alle canzoni.
La lingua italiana era il metodo giusto per raccontare. Così mi sono trovato a fare un disco da cantautore. Ma io compongo ancora con suoni virtuali, campioni e tastiera. Come Moby, ma povero. Ti dico una cosa intima: in realtà volevo essere Peter Gabriel. Ma Peter Gabriel esisteva già, così mi sono organizzato diversamente.
Racconti che le canzoni del disco hanno avuto periodi di nascita differente. Eppure il disco suona omogeneo e i testi esprimono un sentire piuttosto unitario. Tutto merito del lavoro di lima?
Le undici canzoni di Storielle Dispari fanno parte di un archivio di circa cinquanta canzoni (più innumerevoli “pezzi di ricambio” che tengo sugli scaffali) risalenti a un periodo che va circa dal 2011 al 2017.
Semplicemente, non ho scelto per forza le canzoni migliori: ho preferito trovare cose che stessero bene insieme. La lima è stata usata pochissimo.
E’ un disco da solista ma hai coinvolto numerosi musicisti. Come hai iniziato a collaborare, in particolare, con Veronica Marchi?
Parliamo del 2016. Conoscevo Veronica Marchi per fama perché avevo ascoltato alcuni live qui a Verona e da sempre mi piace la sua sensibilità musicale. Prima le ho chiesto consulenza nel mettere ordine alle mie idee musicali (la cernita nell’archivio di cui parlavo sopra).
Ci siamo trovati bene nel lavoro fatto assieme. Il suo entusiasmo ha perfino spinto avanti l’idea dell’album. Le ho chiesto di curare la produzione artistica, quindi ha accettato e abbiamo scelto i musicisti assieme in base a due parametri fondamentali su cui Veronica e io andiamo perfettamente d’accordo: la sensibilità e l’approccio. In studio si deve stare bene, ci si deve divertire e si deve capire tutti insieme cosa si sta comunicando.
Trovo particolarmente divertente “La migliore soluzione”. Come ti è venuta l’idea?
Anni fa volevo fare una canzone “ricetta”. Prima doveva essere una torta, poi ho trovato utile parlare di qualcosa di diverso, ma se lo spiego qui non è divertente. “La migliore soluzione” non può essere spiegata. Va ascoltata. In inverno possibilmente.
Qualche nome di cantautore di oggi che ti piace particolarmente?
Niccolò Fabi e Dario Brunori su tutti (i rispettivi ultimi album sono commoventi). Ma c’è tanto materiale “nascosto” che mi piace da morire. Basta uscire dalla logica delle playlist e darsi da fare: chi cerca trova.
Filippo Villa traccia per traccia
Si parte, nel vero senso della parola, con Alfista: morbida escursione dai sapori e colori antichi, con chitarra classica e pianoforte, cantata con gentilezza.
Lo scatto arpeggia in maniera appena accennata, raccontando di imprese ciclistiche dal sapore piuttosto quotidiano.
Si prosegue con La pazienza del bruco, racconto d’insetti e di trasformazione effimera, altro episodio molto delicato.
Ci sono altri animali, soprattutto marini, dentro Blu scuro, brano descrittivo e con qualche parte di surrealtà, in cui emergono archi, cori e un ritmo quasi da beguine.
Si sale in ferrovia (piuttosto particolare) con Una specie di treno, che conta anche su una fisarmonica malinconica.
L’uomo dispari parla di giorni saltati, mostrando fantasie dolci e una sensibilità notevole.
Si va sull’alimentare, tanto da raccontare la ricetta nei dettagli, per La migliore soluzione, condita da fiati e ritmi un po’ jazzati (e trombone finale, anche a mimare certe funzioni corporali che non starò a dire).
Un po’ meno serena, almeno sulle prime, La storia del mare, capace comunque di cambiare volto e di incorporare frammenti di vivacità.
Tempo scaduto si veste da marcetta, come per celebrare un funerale allegro. Più contenuta e intima la seguente Profumo.
Si chiude ancora in mezzo al mare, ma questa volta con molta più inquietudine, espressa soprattutto attraverso le percussioni, con Sardine.
Hanno un certo fascino antico le Storielle dispari di Filippo Villa, per i suoni, per gli argomenti, ma anche per l’educazione musicale di fondo. “Fatto come una volta”, il disco non esagera e non esce dai canoni, ma confeziona pensieri completi e li traveste da canzoni.
Genere: cantautore
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