Francesco De Gregori: non è questo che fanno i cantautori? #sottotraccia

Come da tradizione (recente) dedichiamo agosto alla lettura: per il 2024 abbiamo deciso di ripubblicare una serie di pagine tratte dal volume “Italia d’autore” (Arcana, 2019), dedicato ai grandi cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana

Francesco De Gregori nasce a Roma il 4 aprile 1951: papà Giorgio fa il bibliotecario, così come lo faceva nonno Luigi. Francesco eredita il nome da uno zio partigiano, ucciso da partigiani jugoslavi comunisti nell’eccidio di Porzus, in cui perde la vita anche Guido Pasolini, fratello di Pier Paolo.

La madre, Rita Grechi, è insegnante di lettere, così non è un mistero il terreno di coltura in cui matureranno i pensieri del giovane Francesco. Il 1966 è un anno importante: si reca, con il padre e il fratello Luigi, a Firenze per prestare soccorso alla popolazione colpita dall’alluvione. Impara anche a suonare la chitarra: la prima canzone che scrive racconta di un disoccupato che sale sul Colosseo per protesta, ma scivola e muore.

Il fratello Luigi è il primo tramite con il mondo musicale: con il nome d’arte Ludwig si esibisce ogni settimana al Folkstudio su canzoni americane ma anche su propri brani; Luigi finirà per adottare il nome d’arte di Luigi Grechi, dal nome della madre, e per condurre una propria carriera da cantautore, collaborando spesso con il più celebre fratello. Un giorno Francesco gli porta una canzone intitolata Buonanotte Nina, Luigi l’apprezza, la suona e invita Francesco a cantarla in prima persona.

Entrare al Folkstudio per De Gregori significa incontrare alcune delle persone che segneranno la sua vita e la sua musica negli anni a venire: Caterina Bueno, la Caterina dell’omonima canzone scritta molti anni dopo, Giovanna Marinuzzi, a cui dedicherà Niente da capire, ma anche Mimmo Locasciulli e Antonello Venditti.

Forma un duo con Giorgio Lo Cascio, scimmiottando un po’ Simon & Garfunkel e facendosi le ossa su canzoni di Bob Dylan e Leonard Cohen. Il duo si allarga a un quartetto facendo spazio anche a Venditti e a Ernesto Bassignano: sono i «quattro ragazzi con la chitarra, e un pianoforte sulla spalla» che Venditti racconterà nella sua celebre Notte prima degli esami.

Sodalizi effimeri

Grazie a Giovanna Marini, De Gregori e Lo Cascio ottengono un provino con la It di Vincenzo Micocci: durante il provino De Gregori canta fra l’altro Signora aquilone e i due ottengono il contratto. Ma il sodalizio con Lo Cascio è finito subito, anche a causa di un viaggio in Ungheria progettato insieme, ma che vedrà De Gregori partire con Venditti. Venditti e De Gregori decidono a loro volta di costituire un duo, che crea il disco theorius campus, con Signora aquilone e Dolce signora che bruci di De Gregori, ma anche Roma capoccia, Sora Rosa e Ciao uomo di Venditti.

Ma il sodalizio non è destinato a durare a lungo: De Gregori lavora anche da solo, per esempio scrivendo i testi per l’esordio di Amedeo Minghi, con il quale realizza anche un paio di canzoni per Marisa Sannia. De Gregori decide di portare Alice a Un disco per l’estate. L’esordio da solista, Alice non lo sa, esce nel 1973 e mette in luce già alcune delle caratteristiche che porteranno a De Gregori amore e critiche: una decisa propensione per i ritratti personali, una tendenza all’ermetismo che ha sicuramente appreso dai poeti, ma che lo accosta anche alla tradizione dei cantautori, diciamo così, non immediati.

E poi c’è l’attenzione per gli episodi della storia, altra costante per tutta la produzione di De Gregori. Tutto ciò si conferma con Francesco De Gregori del 1974, noto anche come “il disco della pecora”, a causa dell’illustrazione di copertina, che il cantautore ritiene il peggiore in assoluto fra i propri lavori. Eppure si apre con Niente da capire, uno dei risultati migliori della prima parte della sua carriera, nonché uno dei primi scontri con la critica, che lo giudicava eccessivamente ermetico (proprio in risposta a questo tipo di critiche De Gregori include la citazione «Le stelle sono tante/milioni di milioni» della réclame dei salumi Negroni, come a voler banalizzare la propria poetica per venire incontro in modo ironico alle richieste dei giornalisti musicali).

La canzone è anche vittima della censura; i noti versi «Giovanna è stata la migliore/ma è un ricordo che vale dieci lire» in origine recitavano: «Giovanna è stata la migliore/faceva dei giochetti da impazzire», conferendo alla canzone un colore molto diverso rispetto alla poesia in punta di penna che si è poi conosciuta. Nel disco sono presenti anche Cercando un altro Egitto, Bene e Giorno di pioggia.

Nel 1974 collabora anche, per la prima volta, con Fabrizio De André, prima traducendo Desolation Row, un omaggio a Dylan, amato da entrambi i cantautori italiani; poi partecipa anche alla scrittura di brani inediti per Volume 8, per cui i due compongono Oceano, La cattiva strada, Dolce luna, Canzone per l’estate. De Gregori racconterà poi come la collaborazione fosse piuttosto particolare: il cantautore romano lavorava di giorno, De André invece si alzava tardi e completava di notte quello che il collega aveva iniziato.

La svolta di “Rimmel”

La svolta della carriera di De Gregori è molto vicina: nel 1975 esce Rimmel, l’album contiene Buonanotte Fiorellino, Piccola mela, Quattro cani, Piano bar e il primo episodio di una collaborazione che avrà un certo futuro, quella con Lucio Dalla, con Pablo. Il disco vende moltissimo anche se qualcuno lo stronca per l’eccessiva semplicità di brani come Buonanotte Fiorellino e Piccola mela.

Prima o poi ci si dovrebbe mettere d’accordo: troppo ermetico o troppo semplice? La canzone Rimmel, uno dei capolavori della canzone italiana di tutti i tempi, nasce dalla fine del rapporto con Patrizia, che poi si fidanzerà con Nini Salerno dei Gatti di Vicolo Miracoli. Nel testo ci sono riferimenti a episodi veri vissuti dalla coppia e anche rimandi alle carte da gioco, che saranno un altro punto focale della storia dei testi di De Gregori.

È stato Enrico Deregibus a far notare come il verso «come quando fuori pioveva» sia un’allusione alla frase utilizzata dai giocatori di carte per ricordarsi l’ordine dei quattro semi: cuori, quadri, fiori e picche. La metafora delle carte si estende con i «quattro assi, bada bene, di un colore solo» e con tutto il colore della canzone che, non per la prima né per l’ultima volta, vede De Gregori descrivere una storia d’amore come una partita, un confronto, un match in cui ci sono vincenti e sconfitti. Di solito, vincono le donne.

A fine anno, De Gregori ha un’idea curiosa: insieme a Claudio Baglioni si mette a suonare per strada, a Roma, sulla piazza del Pantheon. Custodie aperte, chitarre acustiche a tracolla, i due suonano Dylan, Simon & Garfunkel, i Beatles. La gente li guarda, li ascolta, li applaude, ma non li riconosce minimamente. Allora passano a cantare il proprio repertorio: niente. Dirà Baglioni: «A me ci vollero un paio di giorni per riprendermi, a Francesco, che è più vanitoso, almeno un paio di settimane». Brutto colpo per l’ego di quello che sarà conosciuto come “Il Principe”.

Ma ci si riprende in fretta, in musica: nel 1976 arriva Bufalo Bill, cui partecipa ancora Dalla e un giovane Ivan Graziani. Nel disco ci sono, oltre alla title track, ricca d’immagini fulminanti («Il verde brillante della prateria/dimostrava in maniera lampante l’esistenza di Dio/del Dio che progetta la frontiera e costruisce la ferrovia»). E che dire dell’amicizia tra Bufalo Bill e Culo di Gomma, famoso meccanico? E c’è anche Santa Lucia, oggetto di critiche perché utilizza l’immagine di una popolare santa cattolica.

Da notare pure Festival, che racconta la storia di Tenco: «Tenco non è un personaggio vincente», spiegherà De Gregori, «non è una persona che ha agito bene e io non ho voluto fare una canzone per difenderlo, ho voluto parlare di Tenco perché è esistito. Oggi o non se ne parla mai o si fanno delle commemorazioni macabre».

Il processo

Un fatto piuttosto orrendo accade a De Gregori il 2 aprile 1976: nella seconda tappa del tour, al Palalido di Milano, alcuni ragazzi appartenenti ai collettivi politici studenteschi, tra cui Gianni Muciaccia del gruppo musicale Kaos Rock e Nicoletta Bocca, figlia del giornalista Giorgio, salgono più volte sul palco, interrompendo il concerto per leggere al pubblico un comunicato contro l’arresto, avvenuto a Padova, di un militante della sinistra extraparlamentare.

Oltre a questo, i giovani vogliono contestare il cantante, colpevole, secondo la loro opinione, di frequentare alberghi lussuosi e di strumentalizzare i temi cari alla sinistra per arricchirsi. De Gregori, dopo avere eseguito di malavoglia e sottotono qualche altra canzone, abbandona il palco. Ma i ragazzi dei collettivi lo costringono a risalire, lo circondano e mettono in scena un interrogatorio, domandandogli quanto avesse percepito d’incasso e rivolgendogli altre domande volutamente provocatorie, criminalizzando di fatto il comportamento del cantautore. Dopo venti minuti di assedio, De Gregori riesce a raggiungere il camerino. Dirà ai giornali: «Non canterò mai più in pubblico. Stasera mancava solo l’olio di ricino, poi la scena sarebbe stata completa».

Si prende una pausa di due anni, progettando anche di cambiare attività e di aprire una libreria, tornando alle tradizioni di famiglia. I colleghi di De Gregori rimangono altrettanto colpiti dall’episodio: il primo a reagire è Roberto Vecchioni, con Vaudeville (Ultimo mondo cannibale), che esce nel 1977: «E spararono al cantautore/in una notte di gioventù/gli spararono per amore/per non farlo cantare più/gli spararono perché era bello/ricordarselo com’era prima/alternativo, autoridotto/fuori dall’ottica del sistema».

Anche Bennato e Ligabue, anni più tardi, faranno riferimento al grottesco processo nei loro testi. De Gregori si ferma, si guarda in giro, sposa la compagna di liceo Francesca Gobbi, da cui ha i due gemelli Marco e Federico. Poi ricomincia a scrivere canzoni: il risultato è De Gregori, che esce nel 1978 e che si apre con Generale, uno dei suoi brani di maggior successo. Nell’album ci sono anche Raggio di sole, dedicata ai figli, e Natale.

Banana Republic

Il disco, Generale a parte, sarà però quasi oscurato da quanto succede a partire dall’anno successivo: lo spavento dovuto al processo del Palalido sfuma sullo sfondo e l’8 luglio 1978 De Gregori tiene allo Stadio Flaminio di Roma un concerto con Lucio Dalla, organizzato da Walter Veltroni, all’epoca responsabile della Federazione dei Giovani Comunisti Italiani. Quarantamila persone assistono al concerto: il successo fa da preludio alla tournée Banana Republic, che i due condurranno insieme l’anno successivo, forti anche di Ma come fanno i marinai, la canzone simbolo.

Ripreso il passo, De Gregori non si ferma e pubblica Viva l’Italia, che contiene anche Stella stellina e Gesù bambino. Collabora al disco anche Andrew Loog Oldham, lo scopritore dei Rolling Stones, perché la casa discografica RCA vorrebbe lanciare il disco sul mercato internazionale: alla fine, però, il progetto abortisce. Nel 1980 De Gregori collabora con Ron, scrivendo con e per lui Nel deserto e Mannaggia alla musica. Poi si prende un’altra pausa, ma questa volta è soltanto una riflessione, che porta al disco più complesso ma anche più riuscito fino ad allora: è Titanic, che esce nel 1982.

Il lavoro nasce come un concept album sull’apocalisse, ma poi si trasforma nel corso del tempo, tenendo però un punto ben fermo, cioè il recupero della tradizione della musica popolare italiana. Questa ricerca caratterizza tutta l’opera di De Gregori, ma in Titanic si concentra in maniera peculiare: le citazioni della tradizione sono sparse in tutto il disco, da San Lorenzo, che parla del bombardamento del 19 luglio 1943 su Roma, citando Nuto Revelli e Pietà l’è morta, a Caterina, che del resto è dedicata a Caterina Bueno, di cui De Gregori era stato chitarrista agli esordi e che ha consacrato tutta la vita al recupero del canto popolare italiano.

In mezzo ci sono i tre brani che vertono sulle vicende del Titanic: L’abbigliamento del fuochista, che del canto popolare riprende andamento e forma e che è eseguita in duetto con Giovanna Marini, e le due più celebri, cioè Titanic e I muscoli del capitano. Anche qui le metafore riuscite sono numerose («La nave è fulmine, torpedine, miccia/scintillante bellezza, fosforo e fantasia/molecole d’acciaio, pistone, rabbia/guerra, lampo e poesia») e la stessa vicenda del Titanic è allegorica: assomiglia in modo sinistro al mondo ipertecnologico in cui viviamo, che rischia sempre lo schianto contro l’iceberg delle magnifiche sorti e progressive.

Discorso a parte merita La leva calcistica della classe ’68, altro brano tra i più popolari di De Gregori, che racconta in pochi versi l’emozione e le speranze di un ragazzino che a dodici anni inizia a giocare a calcio in una squadretta, in un calcio giovanile polveroso e autentico, che non ricorda nemmeno per errore quello che abbiamo sotto gli occhi oggi. Poco dopo Titanic, esce anche il Q Disc La donna cannone, che completa l’immagine di un De Gregori che ha capito perfettamente come coniugare la qualità con le possibilità della canzone pop nel senso migliore del termine.

La donna cannone è infatti uno dei successi più completi e duraturi, la classica canzone che conoscono tutti, senza per questo cedere di un passo alla melensaggine o alla ripetizione, meccanismi utilizzati a piene mani da numerosi colleghi di De Gregori. Come altri suoi brani, si dice che La donna cannone faccia riferimento a una persona vera, cioè Mia Martini, ma il cantautore ha sempre smentito la circostanza, così com’è successo, per esempio, con Piano bar, il cui pianista sarebbe Venditti, e con Quattro cani, che sarebbero lo stesso Venditti, Patti Pravo, Lilli Greco e De Gregori.

Scacchi, tarocchi, canzoni

Nel 1985, con il consistente aiuto di Ivano Fossati, esce Scacchi e tarocchi: come sempre il disco è ricco di memorie e riferimenti alla realtà, tornano Tenco (Ciao ciao) e il Titanic (Tutti salvi), c’è una canzone per Pasolini (A Pa’), nonché La storia e Sotto le stelle del Messico a trapanàr. Si apre così una trilogia di dischi di minor successo rispetto a quelli dei primi anni Ottanta, ma non per questo meno significativi: nel 1987 esce Terra di nessuno con Il canto delle sirene e Mimì sarà, nel 1989 è la volta di Mira mare 19.4.1989, che si apre con Bambini venite parvulos.

Poi iniziano a vedersi i frutti discografici delle lunghe tournée, visto che dal 1990 al 1995 escono cinque album live distinti, il più significativo dei quali è Il bandito e il campione, con l’omonimo brano dedicato alla storia di Sante Pollastri e Costante Girardengo, amici separati da un destino molto differente: a scriverla è Luigi Grechi, il fratello di De Gregori.

A inframmezzare gli album dal vivo, nel 1992, c’è Canzoni d’amore, titolo evidentemente sarcastico per un disco che pure si apre con Bellamore, ma prosegue con Sangue su sangue, un attacco all’indifferenza televisiva e mediatica. Poi ci sono le polarizzazioni di Chi ruba nei supermercati?Stai dalla parte di chi ruba nei supermercati?/O di chi li ha costruiti? Rubando?»), le invettive di Adelante! Adelante! e il ritratto di La ballata dell’Uomo Ragno, dedicata senza molta simpatia a Bettino Craxi è solo il capobanda ma sembra un faraone/ha gli occhi dello schiavo e lo sguardo del padrone/si atteggia a Mitterand ma è peggio di Nerone»).

Nel 1996 arriva l’album americano di De Gregori: Prendere e lasciare, prodotto da Corrado Rustici, è registrato a Berkeley in California con musicisti americani. Il sound ne risente: il cantautore romano ha sempre dichiarato di non essere un musicista, il che però non gli ha mai impedito di mescolare, con le classiche linee melodiche del folk, anche influenze più contemporanee. Con alcuni brani di Prendere e lasciare si fa un passo ulteriore, in particolare con pezzi come L’agnello di Dio o Tutti hanno un cuore.

Stelutis Alpinis invece è la traduzione italiana di un canto alpino friulano, che parla di un soldato che muore in montagna, ed è inevitabile pensare all’altro Francesco De Gregori, il partigiano Bolla. Curioso caso è invece quello che circonda Prendi questa mano, zingara: nasce come un omaggio alla famosa Zingara, che vinse Sanremo nel 1969 grazie a Iva Zanicchi e Bobby Solo, e cresce come causa legale intentata dagli autori della canzone a De Gregori.

La sentenza definitiva, arrivata soltanto nel 2007, dà ragione al cantautore romano, anche perché era piuttosto evidente che De Gregori non volesse sfruttare le idee altrui, ma soltanto citarle, come ha fatto peraltro in altri casi, anche più dubbi di questo (si veda per esempio la musica di La leva calcistica della classe ’68). Dopo il doppio live del 1997 La valigia dell’attore seguono alcuni anni di silenzio, dai quali De Gregori riemerge con Amore nel pomeriggio, che vede allungarsi la sua lista di collaborazioni eccellenti: questa volta è Franco Battiato, che lavora alla canzone più controversa del disco, Il cuoco di Salò, ritratto di un cuoco in tempo di guerra, repubblichino quasi per sbaglio; è del resto in questi anni che a sinistra nasce un fronte che cerca di capire le ragioni anche della parte avversa. Fronte che, sulla sponda opposta, non si è mai aperto.

Altri incontri

Nicola Piovani invece interviene su Natale di seconda mano. Nel 2002 arriva il tour a quattro con Fiorella Mannoia, Ron e Pino Daniele, a mettere a confronto somiglianze e differenze. Il 2002 è anche l’anno della rilettura, insieme a Giovanna Marini, delle canzoni della tradizione popolare italiana, da Donna lombarda di Gualtieri a Bella ciao: è il fischio del vapore e come si è visto non è sorprendente né l’interesse di De Gregori per la musica popolare, né la frequentazione di Giovanna Marini. Nel disco è riproposta anche L’abbigliamento del fuochista, già presente in Titanic.

Nel 2003 ha l’onore di essere chiamato a lavorare dal suo idolo di sempre, Bob Dylan: il menestrello di Duluth lo coinvolge nella colonna sonora del film Masked & Anonymous, che ha scritto e interpretato. Il film non è un trionfo, ma De Gregori, che propone la cover di If You See Her Say Hello, intitolata Non dirle che non è così, nelle note di copertina della colonna sonora è definito «la leggenda della musica italiana». E ormai lo status è più o meno quello: seppur tra mille polemiche sempre pronte a esplodere, anche per ragioni politiche, De Gregori, quasi quarant’anni dopo Alice non lo sa, è rispettato da quasi tutti i colleghi, che spesso collaborano con lui: perfino Venditti, che aveva preso altre strade dopo gli inizi comuni, si è ritrovato al suo fianco per Io e mio fratello, che inciderà nel proprio Che fantastica storia è la vita.

Ci sono poi omaggi anche inaspettati, come Generale cantata da Vasco Rossi (e De Gregori risponde eseguendo dal vivo Vita spericolata), ci sono nuovi incroci con Zucchero, per cui aveva scritto Diamante, con Ron, perfino con Claudio Baglioni, con cui torna a duettare sul palco della manifestazione O’ Scià a Lampedusa (stavolta li riconoscono). Ci sono altri dischi: Pezzi del 2005 (con Vai in Africa, Celestino!, dedicata in modo ironico all’amico Veltroni), Calypsos del 2006 e Per brevità chiamato artista del 2008. Nel 2010 si realizza un sogno di molti fan: De Gregori torna a far coppia con Dalla sui palchi d’Italia.

La tournée, denominata Work in Progress, cerca di tenersi per quanto possibile lontana dalla tentazione di fotocopiare Banana Republic. Un paio di inediti (Non basta saper cantare e Gran turismo) aprono la strada a una rilettura di tutto ciò che è successo negli ultimi trent’anni ai due cantautori, con qualche finestra anche su ciò che era accaduto prima. Lo show finisce anche sulla Rai, nella trasmissione Due, e sul palco del concerto del Primo Maggio 2011, con straordinario gradimento del pubblico.

È anche l’ultima opportunità che De Gregori avrà di suonare con l’amico Dalla, che omaggerà in occasione del concerto in piazza Maggiore a Bologna per La Repubblica delle Idee, in cui esegue Santa Lucia, la preferita di Dalla, e la conclude con un «Ciao Lucio». A novembre 2012 ecco il nuovo lavoro dal titolo tratto da Kerouac: sulla strada, seguito da Vivavoce del 2014 e soprattutto dal confronto con il maestro di sempre del 2015: De Gregori canta Bob Dylan, amore e furto. Molto più recente (anzi ancora in corso) è il confronto e l’incontro con un nome del tutto inaspettato dello spettacolo italiano, quello di Checco Zalone.

De Gregori continuerà a far discutere, più di molti altri colleghi, per la mancanza di equivoci sullo schieramento politico e per una certa voglia di essere vicino al “popolo” senza per questo essere “popolare”. Comunque la si pensi, è difficile però trascurare un bagaglio di canzoni che, attraverso quarant’anni, è riuscito a punteggiare in maniera sostanziale sia la vita civile, sia la vita privata di numerosissime persone. Non è questo, in fondo, che fanno i cantautori?