Frank Bramato torna sulle scene con Suoni crudi, il nuovo album che arriva a distanza di circa tre anni dall’esordio Non essere (Seahorse Recordings, 2021). Lo abbiamo intervistato.

Come descriveresti l’evoluzione del tuo sound da “Non essere” a “Suoni Crudi”?

Un radicale cambiamento di atmosfere. Non me lo aspettavo neanch’io, ma abbiamo lavorato in una maniera così istintiva e veloce che l’album è venuto fuori da solo. Era lì che aspettava! Probabilmente i miei ascolti (Frank  Zappa su tutti) mi hanno spinto a usare l’istinto e non la  logica. Così ogni scrittura diventa una nuova sfida, libera.  L’unica cosa che rimane intatta è il messaggio, non riesco a  fare diversamente. 

Qual è il significato dietro il titolo “Suoni Crudi”?

Suoni crudi perché l’intero album è registrato alla “vecchia  maniera”. Chitarre e pedali vintage (del mio collaboratore di  sempre Luca Nutricati), così come il resto degli strumenti  che passano tutti da sistemi analogici cercando di lasciare  le tracce originali intatte, crude, vere.

Come è nato il singolo Hallelujah, come no e quale messaggio vuoi trasmettere con questo brano?

Ho immaginato questa dannatissima omologazione globale  arrivare fino alle sfere alte dell’universo, coinvolgendo  anche dio (vedi videoclip) che ormai distratto dalla voglia di  apparire a tutti i costi, fotografa se stesso non curandosi di  quei poveri personaggi che ancora invocano speranza.  

Puoi raccontarci di più sulla scelta di utilizzare strumenti non convenzionali come il theremin?

Ho comprato il theremin qualche anno fa… E’ come  dicono: “lo strumento più difficile da suonare!” Ma sono  sempre stato affascinato da questo suono senza tempo che  apparentemente viene dal nulla e si concretizza col  movimento delle mani. Hallelujah (come no) è stato il  brano ideale per mettere alla prova le mie (ancora scarse)  capacità, in più si parlava di dio, quale miglior scusa per  usare l’elettromagnetismo? :) 

In che modo la collaborazione con Luca Nutricati ha influenzato il suono e la produzione dell’album?

Luca è uno dei migliori musicisti che io abbia mai incontrato  (non vi racconto la storia sarebbe troppo lunga). La  connessione tra noi è stata immediata e si è concretizzata in suoni, strutture, sperimentazioni che potete ascoltare  tranquillamente in tutti i lavori!  

Cosa ti ha spinto a dedicare un brano a Antonin Artaud e come ha influenzato la tua arte?

Artaud, così come Zappa e Demetrio Stratos sono gli artisti che hanno letteralmente sconvolto il mio modo di pensare e interpretare la musica e la scrittura. Zappa e Stratos  erano nel primo disco, Artaud che è sempre stato più  sfuggente ha deciso di materializzarsi in un brano surf.  D’altronde “sono pazzi da legare”. 

Qual è la storia dietro il brano “Non è una hit estiva” e come critichi l’omologazione dell’arte contemporanea?

Sapevo già di dover subire l’innumerevole quantità di  musica prodotta in serie per riempire l’estate di motivetti banali e inutili. Quindi mi sono auto invitato a questo  enorme party in piscina, dove ognuno dà il peggio di sé. Faccio parte di questo sistema marcio? Si! Ma lasciatemi la  presunzione di sentirmi l’elemento inopportuno nel posto e  nel momento sbagliato.  

Come hai lavorato con Ylenia Giaffreda, Stefano Scarpa e Emanuele Raganato per le collaborazioni nell’album?

Sono musicisti che apprezzo e con i quali ho collaborato e  suonato spesso in giro. Ylenia ha registrato il violino anche  primo album “Non Essere” (*la coscienza del mago) e come  sempre ha risposto “presente”.. GRATIS ci tengo a  sottolinearlo! Con Stefano Scarpa abbiamo un rapporto di  amicizia nato grazie ai Creedence e soprattutto agli Elio e le  storie tese, volevo contrabbasso crudo e sincero come solo  lui poteva interpretare. Con il maestro Raganato abbiamo  “in ballo” tanti progetti: è parte integrante della mia band,  l’ideatore dello spettacolo “hidalgo” che portiamo in giro da  un anno e il compagno di centinaia di live. 

Come ha influenzato la tua formazione teatrale e di sceneggiatura la tua musica?

Quando mi sono approcciato allo studio della  sceneggiatura ho imparato la forza e l’impatto dei “tre atti”,  tanto da condizionarmi in qualsiasi forma di scrittura. Il mio  riferimento è “il viaggio dell’eroe” di Christopher Vogler, un  libro che è molto più di un semplice manuale per gli addetti  ai lavori. Da li ho appreso le basi tecniche che una volta  assimilate possono lasciare spazio alla fantasia e all’istinto. 

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Mi piacerebbe far ascoltare dal vivo la mia musica a quanta  più gente possibile. Siamo in fase di contrattazione,  vedremo come andrà a finire. Potete intanto seguire tutte le  evoluzioni (ahimè) sui social e magari prenotare il vostro  vinile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi