Fulminacci – Postino @ Balena Festival
Che l’indie è morto abbiamo detto più volte. Non lo abbiamo detto noi di TRAKS, ma lo dicono le piattaforme di streaming, le radio, le etichette discografiche e anche gli stessi artisti. Resta il fatto, però, che quando incontriamo sul nostro cammino i nomi che hanno creato quel mondo a cui ci piace tantissimo restare aggrappati, il tempo sembra non essere mai passato. Mai passato, ma non rimasto certo immobile, anzi: solo che si ritrova la stessa complicità, la stessa sintonia di cuori, gli stessi sentimenti che uniscono ben prima di pensare di provare a dividere. Questo, almeno, è quello che abbiamo vissuto durante la serata più nostalgicamente indie dell’estate genovese, quella che ha visto protagonisti Postino prima e Fulminacci poi, sul palco del Balena Festival 2024.
Due ragazzi che abbiamo visto nascere, crescere, prendere strade diverse tra loro, pur continuando a seguirli con la stessa passione del primo ascolto… E, anche questa volta, sapendo di aver puntato su due cavalli di razza, mica di aver scelto a caso.
Postino arriva a Genova per la prima volta, portando nel suo bagaglio tutti gli elementi che ci avevano fatto perdere la testa fin dai tempi di Latte di Soia, il primo album: testi a cuore aperto, non scontati, dai ritmi che a volte accompagnano e a volte amplificano quello che sta accadendo tra una parola e l’altra. Canzoni d’amore, canzoni di vita, canzoni di una vita passata ad amare nonostante tutto, forse anche malgrado tutto, talvolta. Uno stop di quattro anni per portare a termine il percorso di studi in medicina, e poi un ritorno acclamato e desiderato da chi non aveva mai smesso di canticchiare tra sé e sé questo o quel ritornello, con L’ordine delle cose da dire, il secondo lavoro in studio, che somiglia a quel che è stato ma che nello stesso tempo sembra aver indossato abiti nuovi, diversi. Sul palco, Samuele Torrigiani (il vero nome di Postino) arriva vestito di nero, ma con il solito cuore blu che è rimasto intatto, forse solo un po’ più graffiato. Si alternano brani degli esordi, come Quando non parli, Come le balene e la stessa Blu, a nuovi successi, come Mi fai venire e Le cose da dire, fino alla chiusura con una immancabile Ambra era nuda, uno dei pilastri degli anni d’oro dell’indie che fu, finita sempre troppo poco nelle playlist di chi ne avrebbe avuto sinceramente bisogno. Sul palco è sicuro, non di troppe parole, emozionato ed emozionante, certamente da voler rivedere ancora e ancora.
Headliner della serata è un altro nome ben noto ai nostri lettori più fedeli: Filippo Uttinacci, in arte Fulminacci, ormai consacrato come una delle promesse mantenute del mondo della musica attuale. Amato dai giovanissimi, ma acclamato anche da un pubblico decisamente più avanti con l’età, a soli 26 anni è riuscito a regalare uno degli spettacoli più coinvolgenti di questa lunga estate di concerti genovesi. Sul palco ci sono anche Riccardo Roia alle tastiere, Roberto Sanguigni al basso, Claudio Bruno alla chitarra, Giuseppe Panico alla tromba, Riccardo Nebbiosi al sax e Lorenzo Lupi alla batteria, e tutti insieme riescono a creare l’atmosfera di un grande show fatto di musica, di coreografie studiate per divertire divertendosi e di tanta, tanta voglia di far vedere che non sono affatto solo canzonette. Una maturità acquisita nel corso del tempo, un talento che non ha paura di prendersi il posto che di diritto si è conquistato, intoccabile ormai, accanto ai nomi che stanno facendo grande la scena cantautorale. Perché di cantautori si parla oggi, di quelli con la chitarra e con lo sguardo a volte triste, ma che poi ogni tanto provano a buttarlo fuori nel modo che conoscono meglio: suonando, cantando, emozionando.
Una scaletta che non lascia troppo spazio a chiacchiere sopravvalutate, che qui c’è uno spettacolo da portare avanti: tutti sul palco si divertono insieme, riescono ad avere un’alchimia degna delle band che hanno macinato insieme chilometri e chilometri di note e di strade, e fanno impazzire i fan e le fan più accaniti. Si comincia con Borghese in Borghese, Miss Mondo Africa e Spacca, giusto per far capire quali sono le intenzioni di questo live genovese. Si susseguono poi, in ordine sparso, Occhi grigi, San Giovanni, Filippo Leroy e Aglio e Olio, arrivando poi verso un finale fatto dei pezzi forse più amati della sua ormai importante discografia, da +1 a Tattica, da Baciami Baciami a Tommaso, fino al gran finale con Santa Marinella prima di dare la buonanotte a un’Arena del Mare grata e felice. L’indie è sicuramente morto, ma per fortuna chi se lo è, in qualche modo, inventato sta ancora benissimo: e quel che ha sempre reso speciale un concerto di questo o di quell’altro artista è sempre il modo in cui il pubblico lo accoglie: con un sorriso commosso, cantando a squarciagola ogni canzone, parola per parola, come se quel momento fosse l’ultimo a disposizione per far sentire al cielo che ci siamo, ancora, anche noi. Anche se non abbiamo una tattica.
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