Il chitarrista Germano Seggio ha pubblicato l’album strumentale Alta Quota: una storia di montagne, di suoni e di rinascita. Dalla sua chitarra elettrica sono nate sette tracce ispirate alla montagna, per cui Alta Quota è un concept album che mira in alto, unendo le due passioni di Germano, la montagna e la musica. Abbiamo rivolto qualche domanda a Germano.
Partiamo da lontano: che cosa spinge un nativo di Palermo a un amore per la montagna tale da dedicarle un album intero?
In realtà nasce dalla pura necessità di fermare in musica quello che le Dolomiti negli ultimi dieci anni della mia vita mi hanno trasferito… “Non tutti i mali vengono per nuocere”. Ho avuto un brutto incidente motociclistico nell’agosto del 2003 in Costa Azzurra e per tre lunghi anni ho perso la mia autonomia finendo in sedia a rotelle, e 18 interventi chirurgici non sono bastati per rimettermi in piedi.
Allora dopo mille ricerche trovai la mia strada verso la guarigione a Cortina d’Ampezzo all’Istituto Codivilla, seguito dal Primario Francesco Centofanti e dal Dott. Mauro Ciotti, che poi di fatto sono coloro che ringrazio sempre perché mi hanno ridato la libertà! Ho mosso i primi passi sulle Dolomiti, innamorandomi perdutamente di questi luoghi, vuoi perché mi hanno ridato la vita, vuoi perché credo sia il posto giusto dove ogni essere umano dovrebbe vivere, o rivivere come nel mio caso, tornando al rapporto uomo/terra fisiologico.
Di che periodo è figlio questo tuo nuovo album?
Di conseguenza il periodo si concretizza tra la sofferenza fisica e mentale di un giovane musicista, al quale in qualche modo un alcolista francese con la sua bella Golf ha negato la possibilità di continuare a vivere il suo sogno da artista libero, errante, e il periodo di rinascita e di riconquista della vita sulle Dolomiti, muse ispiratrici di ogni nota contenuta in “Alta Quota”…
Oltre alla chitarra e alla montagna, mi sembra di capire che questo disco debba molto anche alla figura di tuo padre. Ti va di parlarne?
Parte tutto da mio papà… Fu lui che mi fece imbracciare per la prima volta la sua chitarra, all’età di 6 anni, regalandomi a corredo il mio primo libro didattico, che pensa un po’ aveva fatto già “customizzare” ad hoc per me, facendo apporre nella terza di copertina l’autografo di Dodi Battaglia chitarrista dei Pooh.
Ero ancora veramente piccolo ma dedicavo già ore e ore alla chitarra, un po’ per emulazione, un po’ perché sentivo di farlo! Non riponevo mai la chitarra fin tanto che non arrivava il raggiungimento dell’obbiettivo prefissato… un obbiettivo, che poteva essere una canzone piuttosto che un esercizio. E a oggi posso dire di non avere mai smesso neanche un giorno della mia vita. Neanche durane il periodo sconfortante dell’incidente, anzi è stata la mia più proficua infermiera per il corpo e per la mente!
Hai girato il video di “Alta quota” sulle Dolomiti: che emozione è stata suonare la chitarra in un paesaggio del genere?
Intanto ti rispondo con l’aforisma che campeggia all’interno del booklet di Alta Quota, “Le montagne sono quei luoghi dove Dio dimostra di essere più bravo di Michelangelo a scolpire” che se vogliamo è diventato il mio motto! Poi devo dirti che le emozioni sono state tante e diverse, alternando ciclicamente quasi come se andassero il loop, senso di conquista, di purezza, e di calore pur trovandoci a 3000 mt. s.l.m. e con -25 gradi a relax, rinascita, e momenti di smarrimento assoluto!
In pratica questi luoghi ti portano talmente tanto vicino a qualcosa di superiore, se volete chiamatelo anche Dio, che la tua percezione e cambia in continuazione, e suonare la mia chitarra in questo contesto, è stato mistico! Grazie quindi a chi sta permesso tutto ciò: Alex D’Emilia, che lo realizzato, il comune di Auronzo di Cadore e il supporto del suo Sindaco e i suoi assessori che tra l’altro hanno dato il patrocinio al videoclip, sostenendoci logisticamente e tecnicamente!
Perché hai scelto di rendere addirittura due versioni di “Mad World” all’interno del tuo disco?
Le motivazioni sono due, come del resto i brani… La prima di carattere esplicitamente tecnico. Avevamo deciso di entrare a piè pari nello showbiz con una cover perché risulta essere più semplice! Poi nacque la necessità di farne una versione più corta programmabile in radio (radio edit) e una versione più concept (extended) dove avessi la possibilità reale di dire la mia rispetto a un brano così storicamente forte.
L’altra motivazione è di natura artistica… In realtà mi andava di rispondere al folle mondo di Roland Orzabal che in maniera lungimirante fra le righe del suo testo fa pesare uno dei mali del secolo, il bullismo nelle scuole, con il mio beautiful world dolomitico, fonte di purezza e rinascita che se ben interpretato dall’uomo potrebbe portare con la su bellezza alla salvezza della specie. Pertanto la prima versione short rimane abbastanza centripeta e dark, mentre la seconda, più estesa mi dà la possibilità di rispondere con la bellezza!