Giargo, “Boxe”: recensione e streaming
Boxe è l’album d’esordio di Giargo, artista foggiano di base a Bologna da diversi anni. Un’attitudine musicale, quella che ritroviamo alla base della scrittura e dell’interpretazione dal vivo sia di Giargo che della sua band. L’album è pubblicato sia sui digital sia in vinile, ed è stato pensato e assemblato in un perfetto equilibrio tra lato A e lato B, che appaiono come la rappresentazione delle due fasi di un viaggio fisico e introspettivo, e anche le due facce dello stesso progetto.
Giargo traccia per traccia
Si parte con Piaggio e con un’atmosfera da jazz club, in cui però la malinconia è superata da un po’ di ironia e di ritmo.
Fiati e ritmi acquistano un twist in più con Crescere, che fa ricorso al napoletano, utilizzato come sorta di koiné mediterranea (ma forse è il foggiano, mi si perdoni l’eventuale incompetenza) e per affastellare di rime il brano, che guizza con molta vivacità ma sempre con gusto.
Una conversazione finisce al centro di Boxe, curiosa title track in cui sentiamo soltanto la voce di uno dei due interlocutori, palesemente impegnato a liberarsi da uno scocciatore appena mollato dalla tipa, ma non esageratamente interessato all’argomento. Ironia e un po’ di funk fanno da sfondo a un brano che è quasi un affresco di vita comune.
Buonasyra è già stata presentata come singolo, e porta un’ulteriore ondata di dinamismo, con un testo narrativo fittissimo. Serve un po’ di Basilico per continuare a servire ritmi e sapori, con i Tropici a fare da sfondo.
Un po’ più tarata verso qualche oscurità Malinconj, che parte con un giro di basso cui poi si uniscono i fiati. Ne esce un brano morbido, avvolgente, con qualche nostalgia e molto sentimento.
Si racconta un po’ di demi monde in Miracolo, che scivola su idee fluide e guizzanti, senza rinunciare mai a un’eleganza complessiva che però è tutt’altro che statica.
Pianoforte e sax si occupano di Proemio, che come dice il titolo è un’introduzione, in verità piuttosto fuorviante, per Dante, che racconta un viaggio a Napoli “a fare schifo alle feste”. Pensieri lubrichi si affollano attorno a una richiesta di amore, evidentemente non soltanto sensuale. Chiusura acustica e morbidissima con Materassi, dolce congedo dal disco.
Lavoro molto raffinato quello di Giargo, che oscilla fra il Mediterraneo e i Tropici con le proprie sonorità ma mantenendo ben fermi ed evidenti i propri punti di riferimento sonori. Il cantato, sempre senza alzare la voce, arricchisce un disco che si affaccia sul jazz ma rimane in ambito cantautorale, mescolando con ottima fluidità le sensazioni.