In A Pink Bubble è il debutto di Giorgia Angiuli. Profondamente ispirato dal suo primo intensissimo tour mondiale che l’ha vista protagonista sui palchi di alcuni dei maggiori club e festival elettronici del pianeta, ma che è stato anche funestato da un grave lutto familiare, il titolo “In A Pink Bubble” cattura l’essenza del pensiero di Giorgia Angiuli, in bilico tra il mondo artistico e la vita reale.
“Mi sentivo come in una bolla rosa, tra ricordi e le nuove esperienze, tra l’oscurità e i colori “. Creando una sfera sonora immersiva, la musicista pugliese di formazione classica, con all’attivo già una trentina di singoli usciti su etichette internazionali, ha suonato e registrato tutti gli strumenti dell’album, incluse le sue armi preferite, come la sua amata chitarra anni ’60, i synth analogici vintage come il Moog Sub37, Juno 106, il famigerato O-B-6 synth e altri ancora.
Giorgia Angiuli traccia per traccia
Si parte da A Perfect Day in Tulum, giocata sui contrasti di tastiere zuccherose a tratti (ma con qualche isteria di fondo), e un’atmosfera complessiva tra il cupo e il malinconico, con la voce che arriva a mettere l’accento su alcuni discorsi.
Atmosfere più urban e ritmi più dance in Copenhagen, mossa da un motore continuo e totalmente strumentale, con tratti notturni.
Il cantato torna, suadente, in Nothing to Lose, che scivola tra movenze non sempre tranquille, per un affresco complessivo molto ricco.
Assiomatica, Music is Life ripercorre i dancefloor pescando anche da sonorità 90s, uscendo dalle casse in modo piuttosto massimalista.
The Contact is a Cure prosegue con un beat serrato e numerose sottotrame, un mood leggermente maliconico che arriva soprattutto dal cantato, in questo caso a due voci.
Molto robotica e rumorosa, ecco poi I Shall Never Ever Forget You, lungo percorso elettronico e quasi cosmico sorretto da una ritmica intensa e consistente.
Ricomincia il viaggio con Last Kiss in Norway, giro semplice colorato da numerose sensazioni sintetiche.
Inspiration sfocia quasi nel pop, per struttura e andamenti, ma c’è un sentimento classico nell’espressione della canzone, sottolineato dagli archi del finale.
La seguente Indie Bubble ricolloca la techno al centro del discorso, allungandosi poi oltre i sette minuti per un brano ridotto alle proprie componenti essenziali ed evidentemente nato per il dancefloor.
Discorsi simili quelli che si possono fare anche per una lievemente più serena Behind the Walls.
Si rientra nei ranghi, con un po’ di malinconia, grazie ad A Temple Made by Air, canzone pop con tratti languidi ma di nuovo con ritmi robusti.
Si chiude con qualche tratto oscuro, quello di Hidden Rain, che viaggia sottotraccia ma emerge di tanto in tanto all’improvviso.
Parabola curiosa e singolare quella di Giorgia Angiuli, che è quasi un caso di scuola per la costruzione di una carriera fatta di singoli, residence e tour mondiali prima di avere un disco.
Ora il disco c’è e conferma quanto di buono si sapeva della producer pugliese, in grado di condensare in dodici tracce idee, influenze, aspirazioni e ritmi terribilmente vicini alle sonorità contemporanee, ma dove anche qualche tocco di vintage non sfigura affatto.