Giorgieness, “Mostri”: recensione e streaming

Giorgieness presenta il nuovo album “Mostri”, disponibile su tutte le piattaforme digitali. Fuori anche il videoclip ufficiale del singolo omonimo. Giorgia D’Eraclea, voce e penna del progetto, ha dato vita a un disco più maturo, ricercato, meno arrabbiato e sempre più consapevole. Un disco diverso nel linguaggio, in cui l’artista ha cercato di dipingere più che di scrivere, di  raccontare più che descrivere. I racconti riguardano tante persone, il passato in diverse forme e il futuro incerto, la speranza di fare qualcosa che rimanga e la voglia di  rimanere in disparte, fuori da un mondo che forse non sta bene addosso, ma «mi sta bene attorno», dice.

«Ho scritto questo album in un momento di quiete, in modo molto diverso dagli altri. Oggi sento di poter dire dire di aver composto le canzoni che avevo bisogno di ascoltare, forse ancora  più che di scrivere. I mostri siamo noi, tutti, soprattutto quelli come me, un po’ rotti e un po’ troppo profondi, quelli che ridono quando stanno male e piangono quando sono arrabbiati. Siamo tanti e mi sono resa conto che se c’è una cosa che voglio fare con la mia musica è dare un  posto a chi sente di non averlo, dare sollievo a chi si trova nella tempesta, come spesso  capita a me.

Ed è un disco che ho scritto “alla fine dei vent’anni”, fase che sto vivendo  come un passaggio di stato, come un capodanno da cui ripartire.  I mostri di cui parlo sono tutti reali, e sono gli unici a farmi paura davvero. Non è ciò che  non conosco che temo, ma quello che ho imparato e capito, quello che è già  successo e vorrei non succedesse più. Così la mancanza si fa monito, la nostalgia la mia migliore amica, il dolore mio padre e la  speranza mia madre.

Tutte le emozioni che proviamo sono valide e meravigliose, bisogna solo mettersi alla giusta distanza, anche se siamo tutti stanchi, c’è sempre un nuovo  sforzo da fare per cui ne vale la pena. E se è l’immagine che hanno gli altri di noi ad affossarci, deve diventare quella che hai di  te stesso a mandarti avanti. Solo guardandoti allo specchio e riconoscendo il tuo mostro  puoi lasciare che altri lo amino.  Perché, alla fine, preferisco essere libera che compresa.»  

Per questo nuovo capitolo del progetto, Giorgia ha deciso di circondarsi quanto più possibile di artiste donne: è tutto al femminile infatti il team delle Scapigliate (Serena Debianchi, Anna Mancari, Elisabetta Amicucci e Monica Carlone), che ha curato la grafica della copertina del singolo.

Di loro, l’artista racconta:

«Non sono solo donne splendide: sono tutte artiste con un’estetica definita e una creatività viva e d’impatto. Nel mio lavoro cerco sempre di coinvolgere persone che siano prima di tutto amiche e professioniste che stimo, perché penso sia bellissimo unirsi e dire che ci siamo e ribadire che le donne non sono le peggiori nemiche delle donne: il patriarcato è il peggior nemico delle donne. Ci siamo confrontate e mettendo insieme le idee abbiamo curato ogni aspetto dello shooting, dal concept allo styling, facendoci aiutare da Maria Pisani, che curò le grafiche del mio primo album e spesso mi salva la vita.». 

La maschera – passamontagna è stata realizzata a mano da Chiara (@andwhatif su Instagram).

Giorgieness traccia per traccia

Si parte da una piuttosto bojackiana, malinconica e discorsiva Hollywoo, chiusa in spoken words ma capace di costruire un’atmosfera morbida.

Archi e orchestra per Il giardino del torto, con accordi un po’ Stairway to Heaven, e un’evoluzione che invece fa emergere la voce di Giorgia in isolamento. “Siamo noi i fiori della miseria”: la storia e i suoni avvolgono e riempiono di malinconia.

Eccola poi Mostri, la title track, sicuramente più mossa e più sofferta, con evoluzioni di tastiere e citazioni da Ancora, ma con un atteggiamento complessivo che si può ritenere più affiancabile alla Giorgieness “dei primi tempi”.

Ben nota Maledetta, uscita già da qualche tempo: un impatto “sanremese” del brano, con un giro molto chiaro, un ritornello, un crescendo ragionato ed emozionale.

Spazio poi per il volo dei Supereroi, anche in questo caso alle prese con un’aria molto soft, pur sorretta da un battito molto diretto. “Siamo ciò che resta/siamo solo ossa”.

Voce (molto corposa) e chitarra acustica in Anima in piena, che cresce al di là delle attitudini folk con un mood accorato e molto intenso. Ecco poi Gilda, ritratto ovviamente al femminile, ricca di polvere di stelle ma anche di un certo senso di decadenza imminente.

“Ci è voluto tempo ma/finalmente sono io”: autodescrizioni e autobiografismi espliciti in Cose piccole, che alza un po’ la voce ma con più rimpianto che rabbia.

Chitarroni pesanti e suoni che sembravano smarriti in Successo, da intendere come il participio passato di “succedere” e non come un luccicante traguardo finale: anzi qui “ci sparano addosso”, in un brano piuttosto narrativo e capace di cambiare scenario.

Scoppia la Tempesta, poi, ma anche in questo caso molto melodica e appassionata. Si chiude in modo coerente con Quello che vi lascio, melodica e struggente almeno quanto il resto del disco.

Ci sono due modi per prendere il nuovo disco di Giorgieness (è sempre stata Giorgia, al di là delle etichette): un tradimento o un’evoluzione. Che poi è il bivio che affrontano tutti gli artisti, non solo musicisti, che a un certo punto crescono. Quando crescono, perché qualcuno no.

E’ evidente che la rabbia dei primordi ha lasciato spazio a forme di espressione più adulte e piene. E se qui e là il graffio manca, oggettivamente, va accolta in modo positivo la crescita e l’evoluzione verso mete nuove e più adulte. Seguiranno aggiornamenti, probabilmente di ulteriore crescita.

Genere musicale: pop, cantautrice

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