Giulio Wilson, “Soli nel Midwest”: la recensione

giulio wilsonRistoratore ed enologo, ma anche sassofonista e cantautore pluripremiato, Giulio Wilson non è il classico songwriter indipendente, almeno a giudicare dal cumulo di esperienze alle sue spalle. Ha appena pubblicato Soli nel Midwest, debutto discografico che fin dal titolo sottolinea i legami con la tradizione musicale americana.

Giulio Wilson traccia per traccia

Il disco si apre con L’oro un giorno, ballad a movimenti ampi e morbidi, con la chitarra in evidenza. Hey Jack segue, con ritmi più sostenuti e qualche coro. Sulle rive è presente sia in versione italiana sia in versione inglese e denuncia i propri debiti con la tradizione blues-rock.

Si torna a cavalcare nel West, con passo e sonorità da country morbido, con Seconda visione, brano cinematografico e con un pizzico di ironia. Più seri i toni di Ancora spero, che si apre con un coro gospel.  Vento Arlecchino ha un testo firmato da Roberto Piumini e un andamento movimentato.

La title track Soli nel Midwest conserva sapori di folk e country, nonché l’ambientazione da film western, benché l’autore in realtà parli della ferrovia che porta a Novara. Su Ci sarò si torna a ritmi morbidi e moderati e con il resonator a dominare la scena con i suoi suoni caldi.

A seguire Basti tu, con un’altra dose di melodia ritmata e calda. Vivo invece si immerge nella tradizione pop più tranquilla. Entra un pianoforte (e qualche influenza di De Gregori) in Parole fra noi. Il disco si chiude con una spiritata Dove corre il tempo, che vede un duetto nientemeno che con Bobby Solo.

Linee melodiche semplici e qualche tocco di colore caratterizzano il debutto di Giulio Wilson, nobilitato da collaborazioni eccellenti.

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