Nati nei frutteti del Cuneese, più o meno, I Boschi Bruciano si chiamavano Qwercia, hanno cambiato nome, mantenendosi in ambito arboricolo ma un po’ più distruttivo. E hanno pubblicato un disco rock (ah, quindi si può ancora fare): Ci Pesava.
“Questo disco ce lo portiamo dentro da molto tempo. Sentivamo il bisogno di dare forma concreta alle emozioni e ai frastuoni che uscivano dalle lunghe giornate in sala prove e, in poco più di un anno, abbiamo terminato un mosaico a otto mani che ci porteremo dentro tutta la vita. Questo non è un album semplice e non è stato di certo semplice per noi arrivare a stringerlo tra le mani. Abbiamo dato il massimo e ora non ci resta che scagliarlo lontano, come un sasso nell’acqua, sperando che rimbalzi”
I Boschi Bruciano traccia per traccia
All’inizio è tutto Grigio, con un’introduzione nebbiosa e vagamente elettrica, i cui contorni precisi sfuggono.
Molto più determinata Pretese, con un’apertura su un riff da rock classico e poi con un atteggiamento aggressivo e quasi hardcore.
Si va sul malinconico/depresso con Mi Spegnerò, apparentemente in caduta ma capace di colpi di reni elettrici.
Jet Lag torna a mordere, ma sempre con buona attenzione al testo. C’è la chitarra al centro di Scegliere un’indole, che prevede qualche pausa depressa tra momenti incendiari. “A volte è così bello ingannare il tuo malessere”.
L’Interlude è in realtà una marcia che cresce piano piano, giocata sullo strumentale e sul recitato. Si passa senza interruzioni a Odio, che riversa molta bile sulle chitarre, ma anche un certo tasso di disperazione.
Il singolo Polvere ha un’apertura quasi da metal anni ’80, per poi procedere su linee fluide e potenti.
Si corre parecchio con Non lo so, pezzo che riserva qualche piccola variabile lungo il percorso.
La Prossima Volta ha uno sviluppo parecchio intenso e rumoroso, di grande impatto. Una serie di “dovrei essere” caratterizzano i rimpianti di Università. “Smettere di piangere/di esagerare sempre/…/di far finta di cambiare e non cambiare niente”.
Si chiude con L’ultimo istante, che ha sprazzi (piccoli) di ottimismo, sparsi su un’atmosfera soffusa, che poi però si fa molto più dolorosa.
Bello il synth pop. Grande cosa il pop in tutte le sue accezioni, it, indie, vintage, 80s, eccetera. Però ogni tanto un disco con un po’ di chitarre, con qualche fremito elettrico, non è che faccia proprio schifo.
Anzi, questo de I Boschi Bruciano suona attuale perché è fresco, ben scritto e suonato, vivido e ruvido come si deve. E molto sincero, almeno quanto le urla che costellano i brani dell’album. Bene così.