TRAKS nel 2024 ha festeggiato il proprio decimo compleanno: una presenza stabile e anche un po’ diversa dal solito fra le molte proposte giornalistiche che trattano di musica emergente, indipendente, alternativa eccetera.

Arriviamo in fondo a questo 2024 scegliendo i dieci dischi che ci hanno colpito di più, senza fare graduatorie ma menzionando ciò che secondo noi è meritevole di essere ascoltato e riascoltato ancora, in un’epoca in cui impazza il mordi e fuggi.

Emma Nolde, “NUOVOSPAZIOTEMPO”

Momenti precisi, pensieri precisi, intenzioni precise, paure precise: Emma Nolde si conferma essere una perla rara, ma in grado di arrivare a un pubblico sempre più vasto grazie alla sua gentile e nobile caparbietà, alla sua disarmante e genuina schiettezza. 

La nostra recensione

La Rappresentante di Lista, “Giorni felici”

Ovviamente non si torna indietro: il successo è successo e La Rappresentante di Lista non ha nessuna voglia di rinnegarlo. Ma Veronica e Dario hanno tantissimo pop da fare, e sempre molto bene: un album fluido, veloce, ma intelligente e ben scritto come da ottima tradizione della casa. Anzi qui la formula sembra ulteriormente perfezionata, con ulteriori ventate di freschezza e di ispirazioni internazionali in canzoni che si muovono sempre, a volte anche per nascondere la propria malinconia profondissima.

La nostra recensione

Fast Animals and Slow Kids, “Hotel Esistenza”

Undici canzoni che fanno sentire a casa e che confermano i FASK come band di tutto rispetto nel panorama nostrano. Ancora una volta un cambio di passo per Aimone e i suoi: Hotel Esistenza sa di chiacchierate con gli amici, di serate in cui l’orologio sembra non esistere perché quel che più conta è far capire come stai, mentre accogli quel che chi hai di fronte vorrà donarti. 

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Generic Animal, “Il canto dell’asino”

Sempre fatto fatica a capire perché il progetto di Luca Galizia, meglio noto come Generic Animal, abbia avuto riscontri (anche fra i colleghi) tutto sommato inferiori rispetto a progetti alternativi che negli ultimi anni sono stati ben più celebrati. Eppure la singolarità sonora e testuale della sua produzione è tutta lì da ascoltare. Ok che “La mia musica è strana/non vende per niente“, dice lui stesso a inizio disco (chiosando che gliel’ha detto un coglione vestito da Batman, ma ok). Però per una proposta di cantautorato particolarmente significativa e originale, non è una cattiva idea ascoltare questo Canto dell’asino: non raglia affatto male.

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Vasco Brondi, “Un segno di vita”

La fame, la sete di vita, le chitarre distorte, l’amore e gli altri disastri: c’è una qualità, un linguaggio distintivo nelle canzoni di Vasco Brondi, fin da quando erano accese le Luci della Centrale elettrica, che le rendono uniche e facilmente riconoscibili, al di là di tutto. E questo non glielo può togliere nessuno, in nessuno dei dischi, e questo ultimo lavoro, che fa i conti con suoni diversi, che duetta con Ariete e che inizia a prendere in considerazione la maturità, non fa certo eccezione.

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Cosmo, “Sulle ali del cavallo bianco”

Sono passati nove mesi dall’uscita dell’ultimo album di Cosmo e nessuno dei brani che appartengono al disco è entrato fra le super hits dell’artista di Ivrea, anche se L’abbraccio si è fatta sentire parecchio. Sicuramente la circostanza non ha colto di sorpresa il musicista piemontese, che ha consapevolmente scelto di fare un disco un po’ diverso, un po’ più in là dal punto di vista sonoro, a dispetto di testi a volte molto pop, a volte quasi contemplativi. A prescindere, un lavoro particolarmente completo, notevole, sperimentale, a continuare un discorso che è sicuramente fra i più peculiari della nostra epoca.

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Naska, “Freak Show”

Fedele a se stesso, a quel mood che va dall’impunito all’indifeso, Naska ha saputo bilanciare gli aspetti della sua strabordante personalità in brani legati tra loro e dal sapore ben calibrato anche nel suo ultimo lavoro: riflessivo quanto basta, dissacrante se necessario, consapevole del proprio fascino e, ben più difficile, delle proprie fragilità. Anche se non ha inventato nulla di nuovo, riesce a farlo suonare tremendamente bene.

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Amalfitano, “Tienimi la mano, Diva!”

Aiutato ma non sovrastato da qualche collaborazione eccellente, Amalfitano è portatore sano di un cantautorato che fa uso, a piene mani spesso, di un sound che sa di vintage, soprattutto dal lato mediterraneo e un po’ viveur della canzone italiana storica. Otto canzoni che raccontano di donne e di uomini che le inseguono, con ritmi che a volte ballano e a volte si rilassano, per un racconto che fila bene e sa tantissimo di umanità.

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Lamante, “In memoria di”

Giochi della memoria all’interno del disco di Lamante, progetto cantautorale ma con attenzione al mondo alternativo, con la produzione di Taketo Gohara, con un atteggiamento che sa di ribelle, che sporca il foglio volentieri, che non si vergogna di gridare. Che ci convince in toto, anche perché segnala ulteriori possibilità di crescita e di sviluppi in tante direzioni diverse.

La nostra recensione

La Municipàl, “Dopo tutto questo tempo”

Un ottimo ritorno quello che Carmine Tundo ha organizzato per La Municipàl, mantenendo tematiche e umori più o meno costanti, ma accogliendo sonorità parzialmente diverse e soprattutto novità di vita che possono sconvolgere, ma che non fanno uscire da una proposta che rimane tra le migliori in campo indie/itpop, per originalità e per scrittura.

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