Iacopo Fedi è un songwriter da Ascoli Piceno, che però suona un po’ come se fosse in viaggio per l’Arizona, verso il 1850. Hole in My Bucket, il suo ultimo lavoro è stato registrato tutto con il microfono interno del cellulare e poi riversato nel programma di registrazione del mio computer.
Il cantautore motiva così il titolo del disco: “Ho come l’impressione che vi sia un buco nel nostro secchio (come già diceva Hank Williams). Queste canzoni vanno a scavare in fondo a quel buco oscuro che c’è nella nostra vita”. Sotto il video la nostra intervista con Iacopo.
Vuoi raccontare la tua storia?
Sono un Cittadino della comunità europea e non ho una storia personale molto interessante da raccontare. Verso i 16/17 anni mi resi subito conto che avrebbe funzionato molto di più far credere alla gente di avere una storia oscura e segreta in attesa di essere svelata. Eravamo con degli amici in una discoteca piccolina delle mie parti (mi sembra si chiamasse Sugo) e c’erano ragazzi che ballavano. Poi c’era il bancone dei cocktail.
Pensai subito che se fossi stato una donna avrei notato di più il ragazzo oscuro e silenzioso al bancone che beveva in solitaria piuttosto che il ragazzo che ballava viscido e sensuale. Quest’ultimo non poteva avere una storia interessante da raccontare. Il ragazzo al bancone ne aveva una da un milione di dollari! Comunque mi sbagliavo perché anche stando seduto al bancone non rimorchiavo niente e forse è andata meglio così. Se si avvicina una donna poi devi offrirgli da bere e i cocktail in discoteca costano molto.
La storia si ripete ciclicamente. Ho sempre suonato tanto dai 17 anni ai 27. Ricordo che ci sono state ragazze che mi lasciavano il loro numero di telefono sopra all’amplificatore! Giuro! Mai chiamate! (Porca Zozza!). Una ricordo che era veramente bella. Bionda tinta (che a volte è anche meglio del biondo naturale) con un bellissimo viso e un bel fondoschiena. Suonavamo a Comunanza mi sembra! Comunque ho testimoni! Era una mezza figlia dei fiori. Aveva una bandana gipsy tra i capelli e una giacca di jeans. Aveva dei denti bianchissimi (forse era più una figlia di papà!)
Tutto questo per dire che mentre suonavo catturavo l’attenzione delle donne perché sembrava che fossi un “tipo” con una certa storia interessante alle spalle. Inoltre con il mio stile e la mia musica ho sempre dato l’impressione di un ragazzo avventuroso/sexy/forte. Be’… Sono l’opposto. Le avrei deluse tutte. Non amo i contatti con la natura. Piuttosto che passare una notte in tenda nella natura mi farei prete! Se viaggio voglio un albergo pulito dove dormire e lavarmi accuratamente i denti. Sono un tipo ansioso e solitario e le aspettative covate per il Grande Sabato Sera mi mettono l’ansia.
Non ho mai avuto rapporti occasionali con le donne. Non chiamo a casa della gente durante i pasti e la domenica perché disturbo. Quando si tratta di baciare una donna ricordo molto Verdone in “Acqua E Sapone “quando in macchina al drive in sposta l’attenzione sul coniglio nel cartone animato. Mi piacerebbe avere la possibilità di odorare i capelli di una ragazza per capire se è quella giusta ma non mi sembra una richiesta molto normale da fare! Non mi piacciono i Grandi Eventi da rispettare e le rimpatriate. Con gli altri adotto il principio “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te!”
Di conseguenza non rompo le scatole alla gente perché non voglio che loro le rompano a me. Morale della favola? Meglio inventarsi una buona storia da sostituire alla tua ma spera che la donna che incontrerai non ti smascheri altrimenti avrai combinato un bel pastrocchio! D’altronde quando preghi per la pioggia il fango va messo in conto.
Parliamo del titolo del disco e di quel “buco oscuro” al quale fai riferimento, citando Hank Williams. A che cosa alludi?
“Il mio secchio ha un buco al suo interno e non posso comprare nessuna Birra!”. Questa è la frase di Hank! Diamine! Ho pensato: “Ma quel buco si può aggiustare!” Poi c’è quella bellissima canzone per bambini americana registrata dal mitico Harry Belafonte e Odetta nei primi 60. “There’s a Hole in my Bucket”. Henry dice a Liza che c’è un buco nel suo secchio e Liza gli dice di aggiustarlo. Ma per riparare il secchio che perde ha bisogno di paglia. Per tagliare la paglia, ha bisogno di un’ascia. Per affilare l’ascia ha bisogno di bagnare la pietra affilatrice. Per bagnare la pietra ha bisogno di acqua.
Ma per andare a prendere l’acqua ha bisogno del secchio, che ha un buco. C’è sempre bisogno di altro per dissotterrare quella verità nascosta ed è forse per questo che nelle sedute dallo psicologo si comincia sempre con il “raccontami di quando eri bambino e del rapporto con i tuoi genitori!”. Odio gli psicologi e ricordo che quando feci una seduta a quella domanda mandai al diavolo la “dottoressa”. Che vada al diavolo! Da me non avrai alcuna risposta! Non una parola! Sono cavoli miei! E pensare che ci ero andato io dallo psicologo di mia spontanea volontà! ahahhahahhahaha! In realtà penso che nella vita di ciascuno di noi arriva il momento in cui ci si accorge di avere un buco nel secchio e la verità è che vorremmo aggiustarlo preoccupandoci di questo presente, senza ripercorrere le tappe del passato.
Se ho bisogno oggi di comprare uno spezzatino di manzo magro da far cuocere lento in padella con una birra bruna d’abbazia perché diavolo devo ricordare cosa comprai al supermercato a dieci anni (o cosa ho rubato)? Il fatto sta che quando ti accorgi di avere un buco nel secchio è ormai troppo tardi. Ti ritrovi vuoto e i tuoi sogni, il tuo smalto, la tua integrità cominciano pian piano ad avere sempre più contorni meno definiti. Le declinazioni colorate della tua vita cominciano a essere sempre più rigide e monotono. La birra se ne va dal secchio e acquisti consapevolezza che non ha più senso comprarne altra (ma la compri lo stesso).
Gli scheletri nell’armadio che abbiamo accumulato sono così tanti e dobbiamo pagare il prezzo di ciò che abbiamo fatto. E’ una ruota che gira perché la tempesta arriva sempre: Benvenuti all’inferno cuoricini! D’altronde senza quel buco forse non diventerai mai un uomo! C’era una frase in This Must Be The Place che mi era piaciuta: “Non hai mai incominciato a fumare perché sei rimasto un bambino”. Arriva per tutti questo momento. Penso anche ai giovani trentenni che accetteranno di prendere il reddito di cittadinanza.
Faranno un patto col Diavolo e si ritroveranno con un grande buco nelle loro coscienze. Non permettete a nessuno di farvi sentire dei parassiti della società. Non permettete a nessuno di aiutarvi in questo modo e soprattutto non fatevi aiutare da chi nel frattempo sputa in faccia alla gente in mare. Recuperare una coscienza attiva di cittadino vuol dire poter uscire di casa a testa alta e trovare da soli il modo per poter contribuire alla società in modo positivo e altruista. Anche un buon quantitativo di odio sano può servire per essere dei cittadini responsabili. E’ un ottimo motore per cambiare le cose. Qui non dice più un c…o nessuno!
Hai registrato tutto il disco con il microfono del cellulare. C’è qualche ragione artistica alla base di questa scelta così minimal?
Volevo una registrazione fastidiosa che creasse una cesura drastica col presente. Avrei voluto utilizzare un vecchio Fostex a 4 piste ma non ho soldi per qual vecchio apparecchio così figo. In realtà volevo che si sentisse ancora più male. Hai presente nei film che trattano la Shoah? Dalle radioline dei campi di concentramento usciva una musica elegante in netta contrapposizione con ciò che stava accadendo lì fuori.
Una sorta di swing glaciale e imperturbabile nello scricchiolio di fondo del nastro della registrazione. Mio Dio! Ho preso il cellulare e mi sono ficcato in bagno. La qualità era pessima. Poi ho riversato tutto sul computer e ho trovato un’applicazione con effetto nastro e rumore di fondo. Ho aggiunto della distorsione nel missaggio ed ecco che alla fine si sente male da Dio.
Le tue canzoni vanno a costituire (perdona la banalità del paragone) una sorta di Spoon River in chiave western. Vorrei sapere che tipo di ispirazione c’è alla base dei testi
Ti ringrazio molto per il paragone. Sono lusingato. Diciamo che in Masters i protagonisti raccontano le vicende della loro vita dalla tomba. Qui non siamo ancora a quel punto. Anzi hanno ancora moltissimo tempo davanti.E questo per alcuni versi è ancora più terrificante. Avere ancora del tempo quando qui siamo tutti morti! I protagonisti ono solo arrivati a guardare in faccia il loro buco nel secchio e alcuni di loro hanno preso una direzione (giusta o sbagliata che sia), altri sono ancora pietrificati lì nello stesso posto dove erano prima e ci rimarranno ancora per molto tempo.
Abbiamo chi è in carcere per aver ucciso una moglie che conosceva troppo bene il marito. La galera in fondo non è così male e può sembrare addirittura meglio della società attuale. Ma ha un figlio lì fuori e non c’è notte in cui possa dormire senza pensare a lui e al suo futuro matrimonio. Dovrà scontare la pena e gli anni che lo separano dalla sua tomba sono ancora tanti. Abbiamo chi ha cercato di diventare un Cittadino modello con un buon lavoro solo per il volere della sua donna e per dargli un futuro da mulino bianco. Dovrà scontrasi con il fatto che non può essere un cittadino come gli altri perché è destinato solo a vivere ai margini della società.
Quello è il suo posto e forse è proprio grazie alla sua dimensione antitetica di Reietto che si può costruire il significato di Cittadino, così come il Buono può definirsi tale forse solo grazie all’esistenza di un Cattivo. Anche qui la partita da giocare nel ruolo di rifiuto della società è tutta da compiersi. Non vorrei mai essere nei suoi panni. Abbiamo chi ha deciso di fare pace per un po’ con Gesù scrivendogli una lettera come armistizio. Forse c’è ancora qualcosa che si può fare per migliorare il rapporto poiché in fondo non devono neanche vedersi tutti i giorni. Il protagonista è una rock star e sa che Cristo è la prima grande Star della storia pop. Vorrebbe fare qualcosa di importante e per un momento ha sentito il brivido nel suo cuore. E se oggi non bastasse neanche più il sacrificio di Cristo per redimere la storia di nuovo?
Abbiamo chi coltiva il suo orticello sempre verde ma un giorno il seme della zizzania arriva alla sua porta. Incolperà il suo cane e il suo asinello e li ucciderà. Ho come l’impressione che quando il dolore si trasforma in qualcosa di pulito e dolce possa portarti alla pazzia. Abbiamo chi è in mare e non riesce a vedere nulla oltre la barca. Ha la sua storia e vorrebbe cominciarne una nuova, è in attesa di un nuovo capitolo ma c’è solo sospensione. Non prova nulla e non crede in nulla.
Aveva sentito dire che esiste ancora da qualche parte una Politica vera in grado di poter costruire qualcosa che assomigli a una Terra Promessa. Ma sai la gente chiacchiera e dalle mie parti si dice: “Se all’inizio del confine del Paese ti sei rotto una gamba, alla fine del Paese è giunta voce che sei Morto!”. Ho tratto ispirazione dall’inferno in cui viviamo. Provare a campare rigando dritto è dura amico mio. Per il resto quello che ci attende sono solo dolci notti cari cuoricini!
Per quanto riguarda i suoni, è evidente la tua fascinazione per la musica “old style”. C’è qualcosa di contemporaneo che ti piace?
Be’… amico mio! Devo essere sincero! Ahimè è dal 2012 che ho ripreso un dialogo (forse mai interrotto) con un Artista che mi ha accompagnato nell’infanzia. Quindi appena avrò finito con Lui mi ridedicherò anche agli altri. Adesso non ho tempo per musica da camera. Ho bisogno solo di qualcosa che abbia la potenza per dare alle persone una ragione per cui vivere. “A volte non basta la migliore delle musiche… perché bisogna dare alla gente qualcosa con cui affrontare il mondo” (cit).
Comunque mia sorella Claudia in macchina mi ha stordito con la canzone vincitrice del festival di San Remo. Guarda ti devo dire… a forza di ascoltarla mi è piaciuta e anche molto. “Soldi” di Mahmood lo trovo un gran pezzo dal respiro veramente internazionale e finalmente poco italico. Ottimo l’arrangiamento e il mood oscuro. Gran brano. Voglio sentire altro del nostro amico. Per il resto amico mio… che Dio ci abbia in gloria. Spero di parlare ancora con te… sempre a Dio piacendo!
Iacopo Fedi traccia per traccia
Si parte da The Death of Lily Reed, prima ballad in clima western, per voci e chitarra classica: è la storia di un omicidio brutale, ma raccontata con una certa dolcezza dall’assassino stesso.
Anche Joe Bale è una storia piuttosto trucida e ricca di violenza: i suoni della frontiera si accodano alla voce di Fedi, che qui può ricordare lo stile di Nick Cave.
C’è l’armonica a bocca in apertura di South Dakota Highway 10, canzone di viaggio ma anche di sofferenza.
Si prosegue con The Miner lavora con sonorità sovrapposte e con una certa passione nella voce.
Maybe just like you è quasi un talking, e anche un po’ drunk, blues in cui il concetto di “old style” è tirato agli estremi. Si parla soprattutto di cose di sostanza (“Hai delle bellissime tette/Hai tutto il rispetto per quelle tette”).
La breve Into the sea è fra le più suggestive e ricche di contrasti. Piuttosto tagliente The Line, canzone narrativa e dalle sonorità piuttosto minacciose.
Molto più depressa l’atmosfera di Little White Lie, che macina sul proprio ritmo con insistenza.
Storie di piedi storti sono raccontate all’interno di Crooked feet walkin’ so straight, altro blues viaggiante e strano.
Tranquilla Right man, tra le più malinconiche e lineari del disco. Moses and the Strangers viaggia verso contenuti biblici, con un cantato waitsiano e una beatbox a occuparsi della ritmica.
Tom Waits e le sue bizzarrie vocali possono tornare alla mente anche con The Old Migrant Man Blues, decisamente abrasiva. Il disco si chiude con una molto più dolce e spirituale Letter to Jesus of Nazareth.
Disco sorprendente per molti versi: Iacopo Fedi si lega a sonorità antiche e radicate altrove ma racconta storie significative anche per il qui e ora. E soprattutto esegue il tutto con abilità e in modo molto convincente.