il dEliMusicista-polistrumentista piemontese trapiantato in UK il dEli esordisce con Lo stupido che canta. Con influenze che viaggiano dal rock alla disco, dal reggae al cantautorato fino al prog e alla musica classica. Le strumentazioni utilizzate nel disco sono varie e variegate. A fianco dei soliti chitarra (acustica, prevalentemente), basso e batteria si trovano synths, fiati, archi e percussioni e, forte della coproduzione di Alberto Brigandí, organo e pianoforte.

Il dEli traccia per traccia

L’apertura del disco è piuttosto particolare: in Viaggio sulla Terra (The Earth) si mescolano inglese e italiano, con influenze sonore che sembrano provenire dagli anni Settanta e dal progressive italiano e inglese in particolare. Si prosegue con la ballata con voce filtrata Stefania, molto morbida e melodica, finché non sale un groove di basso più energico.

Cambio di scenario con Crash, che opta per frequenze elettroniche con battiti quasi techno (e con qualche riferimento a un’antica “Crush” di Jennifer Paige). La title track Lo stupido che canta si allinea a percorsi più normalizzati, quasi da cantautore, ma con rinforzo di un drumming sostenuto.

Si rimane in ambienti soffici anche con Le frasi rubate, tra tastiere vintage e recitati con voce femminile, con una seconda parte che fa emergere un cantato blues temperato dagli archi. Decisamente più acida Billy Bob, dal testo narrativo e piuttosto curioso. Estremamente battistiana e vintage l’aria che si respira in Una meta non ho.

Blues d’amore muove i propri passi in ambiti oscuri e sotterranei, con un senso di minaccia incombente. Si va verso la fine con l’Interludio, seguito da una ripresa di Viaggio sulla Terra e infine dall’ironica bonus track Una sera.

C’è molta varietà nell’esordio de il dEli, anche se alcune traiettorie rimangono costanti. Buona la qualità media in tutte le tracce, per un disco che riesce a essere sia gradevole sia interessante per le scelte sonore.

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