il sistema di mel
Il sistema di Mel è un progetto nato e cresciuto nella provincia di Brescia a inizio 2014. Federico Mingardi (voce, chitarra), Paolo Bosio (chitarra, cori), Alex Dossi (batteria) e Simone Mazzenga (basso, voce) hanno pubblicato da allora un demo e due ep (B e Felida X) di cui TRAKS ha parlato a suo tempo. Ora è la volta di Riempimi la testa con un mare di cemento, lp uscito da qualche settimana (sotto la recensione). Ne abbiamo approfittato per rivolgere qualche domanda alla band.

Potete riassumere la vostra storia fin qui e spiegare il nome della band?

Io (Fede) e Alex suoniamo insieme praticamente da sempre, Paolo si è aggiunto poco dopo e con lui abbiamo provato a suonare qualcosa di sensato per un po’ di tempo senza mai concludere nulla. Nel 2014 ci siamo detti che forse era il caso di fare qualcosa di vero, quindi, dopo aver registrato un demo di 3 canzoni con il vecchio bassista (che lasciò successivamente la band) abbiamo contattato Simone che è un mio ex compagno di merende ai tempi delle superiori.

Con il suo ingresso è cominciato il tutto. Da allora a oggi abbiamo registrato un demo (demo01, quello di cui parlavo sopra), 2 ep (B, 2015 e Felida X, 2016) e abbiamo suonato in posti molto belli e altri molto brutti (ma appunto per questo bellissimi e indimenticabili). Il nome della band accomuna in una persona (Mel) la direzione e il significato dei pezzi che suoniamo. O forse amiamo alla follia Mel Gibson.

Alle spalle avete un paio di ep e un demo, ma “Riempimi la testa con un mare di cemento” è un passo importante e sostanziale. Come avete affrontato il lavoro sul disco “lungo”? Potete spiegare il titolo?

Questo è il nostro primo vero disco ed è il frutto di tutte le esperienze che abbiamo passato durante le prove, i live e le registrazioni. Terminato Felida X sentivamo la necessità di dover allargare il discorso per ottenere un lavoro che suonasse completo dall’inizio alla fine. Praticamente non ci siamo concentrati per promuovere l’ep ma abbiamo continuato a scrivere canzoni fino a quando non eravamo soddisfatti. Nel mese di dicembre ci siamo dedicati alle preproduzioni e a marzo siamo entrati in studio per registrare il tutto.

Fondamentale è stato il supporto dei tanti amici e delle 2 etichette che hanno sostenuto e continuano a sostenere il progetto. Il titolo del disco è la richiesta di una persona che vuole essere continuamente nutrita di indicazioni sul cosa deve fare e il come muoversi.

Come nasce “Neve”, a mio parere uno dei pezzi migliori del disco?

Neve è una canzone nata prima di entrare in studio in occasione del primo ep. Era inverno, inizialmente non c’era nulla che andasse bene (struttura, sound ecc.), quindi abbiamo deciso di tenere solo il testo, Alex successivamente ha dato vita a un groove di batteria importante e a catena con chitarre e basso abbiamo riempito i buchi. Siamo molto legati a Neve, tant’è che è contenuta solo nel disco fisico come ghost track.

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Abbiamo usato due chitarre, un basso, una batteria e tre voci. L’idea era quella di non sovraccaricare troppo il lavoro per fare in modo che live si potesse suonare/ascoltare il tutto senza snaturarlo.

Potete descrivere i vostri concerti? ?

Domandona. I nostri concerti vorremmo fossero vissuti con un mood riflessivo. In realtà toccando tematiche di un certo tipo l’impressione che diamo esternamente può essere quella di 4 persone depresse scappate di casa. Il rischio nel fraintendere il significato del nostro live è sicuramente presente.

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?

Verdena per creatività e nevrosi. Gazebo Penguins per onestà e attitudine. Le Capre a Sonagli per coraggio e credibilità.

Potete indicare tre brani, italiani o stranieri, che vi hanno influenzato particolarmente?

Meds (Placebo), Little sister (QOTSA), PDA (Interpol)

Il sistema di Mel traccia per traccia

Si parte da Canzone di un internato, pezzo di rock molto robusto cantato in italiano, che del rock italiano degli anni Novanta porta in dote qualche rimembranza. Influenze indie internazionali invece si manifestano in Giugno, che è sostenuta da un drumming molto potente e continuo e che lascia ampi margini strumentali nel finale.

Si passa poi a Canzone per un internato, quasi omonima della traccia d’apertura, che disegna archi vasti, interrompendoli con un cantato serrato alternato a cori quasi eterei. Timing parla di alimentazione e di abitudini contemporanee, in un percorso accidentato e quasi mai rettilineo.

Le orme è breve ma intensa e significativa. Un battito molto determinato apre Difetti, altro pezzo breve e con qualche caratteristica post punk. Fine ha un andamento molto diretto e volumi alti, con qualche sprazzo di new wave nei suoni.

Nuova adotta una prospettiva leggermente diversa, intensificando la tempesta dal drumming ma mantenendo i nervi saldi e una sensazione di malinconia calma sotto il tappeto elettrico. Si chiude con Neve, altro pezzo robusto e con un’enfasi in crescita, dedicata alle miserie del quotidiano. Con citazione dei Radiohead che funge da finale.

Il disco de Il sistema di Mel conserva la freschezza degli episodi precedenti, ma aggiunge qualcosa in termini di esperienza e costruzione. L’album ha un ottimo impatto ed è portatore di canzoni che non rinunciano a contenuti “pensati”.

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