Ti mancavano eh? E noi di TRAKS che ti sappiamo leggere nel pensiero abbiamo capito ed eccole qui: altre cinque segnalazioni in breve di dischi che potresti esserti perso, ma non avresti dovuto. E poi vai a cercare altre webzine che usano verbi ausiliari e servili a questo livello, se ne sei capace.
Martino Dessi, “Distance”
La firma sul disco è quella di Martino Dessi, che si occupa di chitarre, keyboard programming e scrittura. Ma su Distance il chitarrista non è solo, anche perché il genere di riferimento è un jazz rock con attitudini “da band”. Ad accompagnarlo ci sono Maurizio Vizilio alla batteria, Stefano Casti che si è occupato del basso, del mix e del mastering e Alessandro Fadini al Rhodes in un paio di tracce. Le composizioni di Dessi sono piuttosto strutturate e con un’architettura molto ben identificabile. Il risultato è un disco di ottimo livello, a volte forse un po’ prevedibile, ma ben suonato e di notevole ispirazione.
[bandcamp width=100% height=42 album=2979723369 size=venti bgcol=ffffff linkcol=0687f5]Alchemy, “Never Too Late”
Gli amici metallari apprezzeranno: si chiama Never Too Late il nuovo lavoro degli Alchemy. La band di Marcello Spera pubblica nove tracce che condensano influenze metal, AOR, hard rock e compagnia, con un impasto che rimanda direttamente agli anni Ottanta/Novanta, periodo pre-Nevermind, diciamo. Il disco comprende numerosi pezzi adatti a far agitare le folte chiome, per esempio la title track oppure Diablo. Brani come My Way Home mettono in evidenza le abilità strumentistiche della band, per esempio quelle della sezione ritmica. Niente di innovativo, per carità, ma tutto gradevole.
7 training days, “Stop the bombing”
A distanza di due anni e mezzo dal precedente Wires, si chiama Stop the Bombing (VDSS Records) il terzo album dei laziali 7 Training Days. Il titolo chiede tregua, e infatti le tracce su cui la band si esprime non sono poi così battagliere. Non che siano ferme, ma da pezzi come White Lies traspare una certa calma e anche un approccio costruttivo alla melodia. Anche dalla title track emerge qualche malinconia, associata a qualche istinto vagamente latino. Il disco costituisce un buon saggio delle capacità della band, in grado di offrire diverse sfumature di ascolto.
[bandcamp width=100% height=42 album=3593040398 size=venti bgcol=ffffff linkcol=0687f5]June Reed, “In a box”
In a box è l’ep d’esordio della band napoletana June Reed. Composto di sei brani molto influenzati dal post grunge e dalle sonorità anni Novanta, il lavoro mette insieme caratteristiche esplosive e avallamenti più pacifici. In buona evidenza basso e batteria, anche se sono voci (femminili) e chitarre che guidano il gruppo. Pezzi come Come dream privilegiano idee che sembrano prendere la strada della dark wave. Altri come Clear water accennano a una maggior serenità. L’etica lo-fi emerge spesso, soprattutto in brani come Jonathan Harker. Nel complesso un esordio positivo, magari con qualche limatura da effettuare qui e là. Il disco è stato registrato, missato e masterizzato tra il dicembre 2015 e il gennaio 2016 al Cento per Cento Studio di Varcaturo da Stefano Pirone.
Sviet Margot, “Glance to Infinity”
Sviet Margot è un gruppo romano attivo da diversi anni con alle spalle un album totalmente autoprodotto. La band è composta da Tiziana Giudici (voce), Alessandro Galizi (basso), Flavio Mazzei (tastiere), Simone Croce Izzo (chitarra), Aldo Moccia (batteria). Oggi il quintetto si ripropone con Glance to Infinity, ricco di tracce di rock ora più versate verso l’indie, ora inclinate verso qualche caratteristica pop. Riff aggressivi e piuttosto lineari caratterizzano molte canzoni dell’album, alla ricerca più spesso dell’impatto piuttosto che della sottigliezza. Buoni i movimenti del basso, per esempio in pezzi come Excite My Soul. C’è spazio anche per qualche ballad, come Star and Earthwind, in un disco di ben tredici canzoni.
