Intercity, “Laguna”: la recensione

A tre anni di distanza dall’ultimo lavoro “Amur”, torna a far parlare di sé una delle band alternative italiane più originali e innovative, ossia gli Intercity. Con un doppio album dai toni profondi e dagli spunti imprevedibili, intitolato Laguna, la band bresciana, composta da Fabio Campetti (voce), Michele Campetti (chitarre), Paolo Comini (basso) e Riki Taglietti (batteria), aggiunge un altro eccellente tassello alla sua ormai quasi decennale carriera, senza contare l’esperienza a nome Edwood vissuta dal 2004 al 2010.

Nonostante la lunghezza Laguna è un disco che scorre con enorme gradevolezza, mescolando pezzi dai ritmi rapidi e insistenti a ballad più delicate, senza mai perdere quel filo comune che lega le varie canzoni, caratterizzate da una scrittura omogenea e sempre efficace. La forza degli Intercity è sin dagli esordi quella di uno stile assolutamente personale, che non rincorre alcuna tendenza né nazionale né esterofila, mantenendo invece una propria linea compositiva ben definita.

Intercity traccia per traccia

Il quarto full-length della band lombarda si inserisce dunque in un solco già ben definito anno dopo anno, che non fa che accrescere l’interesse verso un lavoro curato nel minimo dettaglio. Tutto ciò si nota sin dalla prima traccia, Notturno, un’intensa cavalcata indie-pop in cui liriche e musica si fondono perfettamente, guidate da una avvolgente linea d’archi, elemento che gli Intercity utilizzano con maestria già da tempo.

Se Notturno mette in chiaro le capacità ipnotiche della band, pezzi come Zenith, Madrid, Un poster, Scatto fisso, Sweet Panda e Le piante di canapa non fanno che rafforzare tale impressione, presentandosi tutte come potenziali singoli da classifica, brani che buona parte dell’attuale scena indie italiana si sognerebbe di comporre.

Nel corso delle 22 tracce che compongono Laguna è facile perdersi piacevolmente tra suoni avvolgenti e melodie sempre cariche di pathos che, come in una partita a poker, si susseguono l’un l’altra senza far prevedere cosa potrà accadere dopo. Gli Intercity, sanno infatti come muoversi tra stili e atmosfere diverse e non mancano ballad pop oniriche e raffinate, come L’indiano, Per un pochino di spazio, Limbo e Oceani, per citare soltanto quattro degli episodi migliori dell’album.

Spazio anche all’elettronica, ora più leggera e di sottofondo (Joshua, L’apollo), ora protagonista assoluta (R.A.T.M.), in un quadro che si arricchisce traccia dopo traccia di sfumature sempre nuove e differenti in grado di ipnotizzare l’ascoltatore e legarlo alle cuffie per i circa 80 minuti di durata del doppio lavoro. Impossibile, per esempio, non lasciarsi trascinare dalle chitarre ’90s di Microcosmo, dall’incedere nostalgico di Veracruz o dai climax ascendenti delle tracce di chiusura dei due capitoli, ossia Ufos e Periferie, tutti brani che evidenziano l’abilità compositiva del quartetto confermandone, laddove necessario, l’ottima ispirazione.

Da non trascurare, poi, è l’aspetto lirico, elemento da sempre imprescindibile nella musica degli Intercity, che con uno stile ormai inconfondibile e caratterizzato da un’affascinante enigmaticità di fondo, sono riusciti a creare la dimensione perfetta in cui far confluire il loro ricco flusso di idee.

Davvero difficile trovare passi falsi all’interno di Laguna, sebbene solitamente lavori di tale lunghezza rischino di provocare stanchezza nell’ascolto e di contare almeno un paio di tracce più deboli, utilizzate al solo scopo di fare da riempitivo: tutto questo stavolta non accade, grazie a un lavoro certosino svolto dapprima sulle singole tracce e poi sul disco nel suo complesso, con un’attenta cura dei dettagli sia in fase di scrittura che di produzione.

Gli Intercity si rivelano infatti dei veri perfezionisti che, nonostante un lavoro di autoproduzione e nessuno sponsor alle spalle, riescono a creare il mix perfetto tra ispirazione, genialità e precisione, lasciando una spanna dietro di sé numerosi nomi oggi tanto quotati quanto artisticamente effimeri.

Ciò che potrebbe far rabbia è forse proprio il fatto che una band di tale portata non sia ancora esplosa presso il grande pubblico, ma d’altro canto anche questa potrebbe essere una delle loro maggiori forze: restare se stessi e incontrare il plauso di chi nella musica ricerca qualità genuina e non un vacuo slogan che duri solo il tempo di una moda.

Laguna è disponibile in streaming su Spotify:

Ascolto, se non si fosse capito, assolutamente consigliato.

Genere: indie rock

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