Giganti, magari talvolta un po’ inceppati, ma sempre giganti, gli Interpol pubblicano Marauder, che arriva quattro anni dopo il precedente Pintor.

Prodotto dal molto attivo Dave Fridmann (Sleater-Kinney, Flaming Lips e molti altri). A proposito del suo approccio, Paul Banks ha dichiarato:Penso che Fridmann sia davvero diventato il quarto membro per questo disco. Ed è stato un tocco leggero e interessante che ha avuto, perché penso che a differenza di molte band…”

Voglio dire, so per certo che alcune band sarebbero andate da lui con solo idee per una canzone e poi avrebbero lavorato insieme sotto la sua cura insieme scrivendo canzoni, mentre noi siamo il tipo di gruppo che ha scritto tutte le canzoni e provato ogni singola cazzata e fondamentalmente siamo pronti per suonare uno show dal vivo quando andiamo in studio, così gli abbiamo mandato delle demo di canzoni quando stavamo lavorandoci sopra. Ma non era il tipo di richiesta in cui volevamo qualcosa tipo “aiutaci, scrivi il bridge o aiutaci a farlo”. Era più: “queste sono le canzoni, cosa vuoi fare con queste canzoni?”

Interpol traccia per traccia

Si parte da schermaglie elettriche a ritmi tutto sommato contenuti e con uno sguardo che sembra quasi sereno. è If You Really Love Nothing, quasi antinichilista e costruita intorno alla domanda iniziale: se davvero non ami niente, su quale futuro costruiremo le nostre illusioni?

La già nota The Rover apre con un riffettino insinuante e piuttosto assassino, riportando in superficie caratteristiche che meglio si riallacciano con i dischi classici della band.

Il passo si rallenta ma le chitarre adottano percorsi del tutto particolari all’interno di una interlocutoria Complications, con quell’abituale mix tra acidità e sopracciglio alzato che ha reso interessanti molte delle canzoni della band.

Anche Fight of Fancy riporta alla mente soprattutto i primi lavori del gruppo, con un climax controllato e un drumming regolare ma intenso.

E a proposito di ritorni, Stay in Touch torna a mostrare un lato oscuro ma levigato della band, con la batteria che in questo caso fa un lavoro molto meno regolare e molto più scomposto, con una serie di stop ritmici che arrivano ex abrupto.

E dopo un Interlude 1 (anche qui i riferimenti ai primi dischi non mancano) solo strumentale ed evocativo, si torna a giocare con la chitarra all’interno di Mountain Child, potente e precisa.

NYSMAV si apre citando Prince, ma poi sviluppa una direttrice molto chiara e fitta, per quello che risulta essere il brano più new wave del disco.

Si procede poi con Surveillance, uno dei molti brani della storia degli Interpol a flirtare con la paranoia, anche se qui siamo di fronte a uno sviluppo tutto sommato moderato e sotto controllo.

Due accordi due per far partire Number 10, anche se poi la deriva psichedelica prende la mano, prima che ci si metta di nuovo pancia a terra a ricercare la canzone rock (più o meno) perfetta.

La ben nota tortuosità dei testi si manifesta in Party’s over (aperto il dibattito sul vero significato di versi come “Rock ‘n’ roll bitch, I’m into it/I like to show you my stuff/Baby cheetahs the Himalayas/What’s got you startled umbilical”), che ha un modo di procedere determinato e serrato.

Ecco poi l’Interlude 2, quasi ambient, che lascia spazio al finale con It Probably Matters, un po’ più “emotional” di molti dei pezzi del disco, con una crescita ritmica contenuta e una certa compostezza di fondo.

Sarà merito di Fridmann, sarà merito della band, sarà la congiunzione astrale, ma in questo disco gli Interpol ricordano i migliori Interpol. Cioè, fondamentalmente e a parere di chi scrive, quelli dei primi due dischi.

Potrebbe anche essere visto come un limite rifarsi apertamente a sonorità ormai vecchie di un quindicennio, ma è anche vero che la band non è mai uscita dai canoni sonori del “senza tempo”, non mostrando mai la smania di inseguire il contemporaneo a tutti i costi. E quando rientrano negli abiti consueti, un po’ dandy, un po’ incazzati, convincono ancora parecchio.

Genere: indie rock

Se ti piacciono gli Interpol assaggia anche: The Shameless

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