Intervista: Bangarang!, un mondo realistico ma non reale

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Sessant’anni di tv sintetizzati in un disco solo: questo il punto di partenza di Religione Catodica, il nuovo album dei Bangarang!, che si sono serviti del sonoro originale di molti decenni di programmazione dell’etere italiano per dare contenuti critici alle proprie sonorità, in gradi di schzzare dal funk al noise, fino al punk (qui la recensione). Abbiamo intervistato la band.

Come nasce il concept dell’album?

Diciamo che tutti e quattro abbiamo sempre avuto un approccio critico al mezzo televisivo e ne abbiamo sempre usufruito con cautela. Ciò nonostante ci rendiamo conto di quanti ricordi e influenze ci arrivino da li: da un mondo realistico, ma non reale. Ci sembrava il calderone giusto in cui pescare per dare ancora più forza comunicativa alla nostra musica, nella quale c’è sempre stata molta ironia, ma anche molta irruenza.

Ho letto che dal punto di vista tecnico il lavoro di “montaggio” delle voci è stato complicato. Potete raccontare come avete proceduto a selezione e inserimento del materiale sulla base strumentale?

Sì, il lavoro è stato lungo, ma anche divertente. In sostanza c’è stata per ogni canzone una prima stesura di voci più strutturali che inquadravano il senso del brano, seguita da una seconda fase di arricchimento. Probabilmente si potrebbe paragonare allo scrivere prima tutti i ritornelli e poi tutte le strofe… I campioni hanno invece una genesi molto eterogenea: alcuni sono stati premeditati andando a pescare dai nostri ricordi televisivi; altri li abbiamo incontrati per caso; altri ancora li abbiamo scovati in sessioni mirate di ricerca guardandoci ore di filmati in rete.

Prima di tutto sono nate le basi strumentali, alla vecchia, da riffs o improvvisazioni; poi le varie atmosfere ci hanno dato lo spunto per le tematiche di ogni singola canzone. Alcuni campioni sono stati cesellati per unirsi alla musica, come ad esempio il soprano lirico nelle strofe di Castro Caro; ma la maggior parte dei sample si è adattata in modo molto naturale, spesso facendoci sobbalzare dallo stupore al primo ascolto. La cosa più sorprendente di questo lavoro è stato apprezzare l’estrema musicalità di alcuni parlati.

Qualcuno ha scritto che questo disco potrebbe essere un omaggio a “Blob” perché anche dal punto di vista musicale avete fatto un po’ di zapping tra i generi… Siete d’accordo? O comunque il saltare dal funk al jazz al prog al rock è nelle vostre corde a prescindere dalla tematica dell’album?

Sicuramente l’atteggiamento “cross over” nella nostra musica c’è sempre stato; grande ispirazione per noi sono stati sicuramente i Fantomas, Frank Zappa, i Mr. Bungle e John Zorn, che del miscelare generi e stili sono maestri. Comunque l’accostamento a Blob ci piace molto, dato che la tematica televisiva ci ha certamente spinti a osare di più anche nella composizione vera e propria.

Bangarang! se ti ammazzavi il cervello avevi un alibi

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La tv, soprattutto quella generalista, ha determinato tantissimo della storia recente italiana. Vedete la sua importanza in calo negli ultimi anni oppure in realtà il suo potere è stato soltanto scalfito?

Le cose sono cambiate molto con l’avvento del digitale e la proliferazione dei canali; la scelta è molto più ampia e anche gli interessi meno di massa possono trovare più spazio. Questa è una bella cosa, ma il medium televisivo resta comunque amplificatore di una realtà spettacolarizzata che per giunta oggi ci viene spacciata per buona attraverso i reality.

Forse la differenza è che oggi si può scegliere di essere un telespettatore consapevole, mentre prima era molto più difficile. Se dieci anni fa la domenica ti ammazzavi il cervello con Pomeriggio 5 avevi un alibi; se oggi guardi dei bambini trattati come adulti in un talent show competitivo, sei un idiota. Per questo Religione Catodica è un disco che in fondo si ferma lì, prima del digitale, resta in quel mondo di televisione vista da tutti e creatrice di un immaginario condiviso, magari a forza, ma condiviso.

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Be’, la strumentazione più particolare è quella che riguarda i campionatori. Per chi non lo sa, sono degli aggeggi che permettono di registrare qualsiasi cosa (nel nostro caso tutte le voci prese da televisione e film) e risuonarlo, fedelmente o modificato, all’interno delle canzoni. I campionatori ci hanno fatto creare quella sorta di cantante virtuale che ci ha dato la possibilità di non concepire i brani come degli strumentali, ma come vere e proprie canzoni. Poi c’è un classico trio fatto di chitarra, basso e batteria molto incline alle distorsioni.

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?

Sono molti, ma se dobbiamo elencarne qualcuno sicuramente direi: Calibro 35, Fuzz Orchestra, Zu, … Credo che ci piacciano sia per le scelte timbriche che li caratterizzano, sia per il loro approccio libero da schemi, oltre che per il talento dei singoli musicisti.