Avevamo avuto modo di parlare dei Cronofobia qualche tempo fa, quando la band aveva pubblicato il proprio ep d’esordio (qui la recensione); nel frattempo la band è cresciuta, cambiata, maturata e ha pubblicato un lp “intero”, dal titolo Satira e Sarcasmo, che puoi ascoltare qui sotto. Abbiamo rivolto qualche domanda alla band bresciana.

Come avete affrontato il lavoro sull’ultimo album e con quale umore ne siete usciti?

La stesura di questo album è stata circondata da avvenimenti personali spiacevoli e da momenti di sconforto. Non ti nascondo che ci son stati momenti di stallo che ci hanno allontanato un po’, ma la passione per la musica ha vinto, almeno in parte, alcune lacune. All’interno trovate un disco che trasuda impegno, autocritica, amore, rabbia e obbiettività, senza dubbio il nostro miglior lavoro finora, che spazia in molti generi senza mai adagiarsi in una sola direzione. Ne siamo usciti soddisfatti, ma esauriti in un certo senso..

Perché avete deciso di chiamarlo “Satira e Sarcasmo”?

Sono le due facce della stessa medaglia, sono due modi di affrontare le cose,sono atteggiamenti e luoghi comuni che si accostano al vivere dell’italiano medio, poi ci son stati avvenimenti importanti che hanno attaccato la libertà di fare satira, come l’attentato di Parigi, che in qualche modo ci hanno fatto pensare al titolo.

Rispetto a qualche episodio precedente, è piuttosto evidente un tentativo di allargare gli orizzonti sonori. E’ stata un’operazione consapevole e progettata oppure del tutto spontanea?

Abbiamo cercato di dare una logica continuità, infatti volutamente l’ep contiene tre brani che sono anche all’interno del disco, ma in una chiave differente: se si ascolta “Nuoto” nell’ep , e poi di nuovo nell’album, si nota come lo stesso pezzo, stessi accordi, medesime parole, comunicano un’emozione totalmente diversa, propio perché non abbiamo seguito nessuna influenza in particolare, ma ci siamo fatti un po’ trasportare dall’alchimia di tutti e tre. Brani diversi, che cercano di andare oltre il cliché di un genere definito, ma spaziano nella musica, cercando di prendere il giro largo.

Cronofobia, prendendo il giro largo

Come nasce “Le miniere di Putunni”?

Il pezzo in realtà nasce un po’ di anni fa, dalle mani di Eddy, però si concretizza solo in questo album. Un riff di chitarra, un arpeggio, e l’inserimento di una ritmica più drum&bass hanno reso il pezzo più diretto, e anche il testo è stato modificato, inserendo metriche diverse.

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Oltre ai soliti strumenti, cinque o sei chitarre diverse, e varie prove di ampli del basso, gli strumenti che ci sono serviti di più sono stati la pazienza e la passione, con un pizzico in più della prima! A parte questo abbiamo cercato di fondere sonorità acustiche insieme a quelle elettriche utilizzando appunto chitarre di vario tipo.

Chi è l’artista indipendente italiano che stimate di più in questo momento e perché?

Ora come ora, penso che al di là dei soliti noti big i Verdena stiano dimostrando una grande espressione di stesura di canzononi e una grande varietà di utilizzo di strumenti dimostrando una qualità che è riservata a pochi.