Iosonouncane e Paolo Angeli, “Jalitah”: la recensione

Jalitah è il disco live, in uscita oggi, che racconta l’incontro tra Iosonouncane e Paolo Angeli. Jalitah è il nome di un arcipelago situato nel canale sardo-tusino e rappresenta pienamente questo album, nel quale le canzoni, risalendo profondità spesso abissali, riemergono dal flusso di improvvisazioni libere.

Il duo ridisegna le mappe della musica italiana, annullando i confini tra avanguardia e forma canzone, realizzando un disco in cui la sperimentazione dialoga “vis a vis” con la solennità lirica di alcune delle composizioni più conosciute di Incani. L’universo cangiante della chitarra sarda preparata di Angeli entra in collisione con il monolite multicolore di Iosonouncane.

Il disco è stato registrato dal vivo nel tour intrapreso assieme nel marzo del 2018. Il Duo aveva debuttato nel 2017 dopo una breve residenza milanese che era stata presentata lo stesso anno all’interno del cartellone di Linecheck.

Il successo del concerto e la voglia di continuare a esplorare l’interazione tra improvvisazione e composizione ha portato all’organizzazione del tour teatrale che ha toccato vari teatri tra cui il Teatro Duse di Bologna, l’Auditorium di Roma e il teatro del Conservatorio di Cagliari in una serie di date sold out. Il materiale qui presentato è stato registrato in parte anche durante il tour estivo, che ha toccato vari festival e rassegne quali Villa Ada incontra il Mondo e il festival Abbabula in Sardegna.

Iosonouncane e Paolo Angeli traccia per traccia

Sono le corde a dare il via alle esplorazioni sonore di Jalitah in Zeidae, presto affiancate e talvolta sopraffatte da distorsioni e pensieri cupi incombenti. Da qui si passa a Sela, che comprende voci femminili sussurranti nel background, mentre le sonorità in primo piano aumentano se possibile il carico di inquietudine.

Si arriva a Summer on a Spiaggia Affollata, che apriva La macarena su Roma, qui in versione dilatata: il primo brano cantato assume forme rabbiose e piuttosto estremizzate, accompagnate da momenti di calma apparente.

Andira occupa spazi orientali, desertici. Si flette per seguire suoni arabeggianti, mentre si placa, ma non cessa, il basso continuo delle percussioni. Anche se poi il testo è molto più mediterraneo che proveniente dalla penisola arabica. Code strumentali prima taglienti e poi sotterranee completano l’escursione.

Altre caratteristiche si trovano approdando al Banco delle sentinelle, breve ma molto fantasiosa e variegata. Una chitarra “semplice” dà il via a Carne, da Die, qui proposta in acustico e con un mood molto malinconico.

Torna sotterranea e orientale Galena, che lascia scorrere le minacce prima che ci pensi Giugno a riportare la calma, almeno dal punto di vista sonoro, fino a che un carico di disperazione non arriva a portare via tutto. Si chiude con Nâr, ultimo sfarfallio fantasioso, quasi tropicale, sostanzialmente jazz.

Solitamente non ci occupiamo degli (ormai rari) album live, ma è ovvio che qui siamo di fronte a qualcosa di un po’ diverso dal solito. L’incontro virtuoso tra Iosonouncane e Paolo Angeli andava in qualche modo sottolineato, sia per la qualità sia perché, in un mondo sonoro comunque elitario, si staglia come un unicum.

Le attese non sono state vanificate, anzi il disco si pone come una testimonianza importante di tour capace di catturare attenzione e soddisfazione del pubblico, pur senza avere nulla di “pop”.

Genere musicale: sperimentale, ambient

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