Ivano Fossati: la musica che gira intorno #sottotraccia
Come da tradizione (recente) dedichiamo agosto alla lettura: per il 2024 abbiamo deciso di ripubblicare una serie di pagine tratte dal volume “Italia d’autore” (Arcana, 2019), dedicato ai grandi cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana
Ivano Fossati nasce a Genova il 21 settembre 1951. Prima d’incontrare la musica pop ha già fatto conoscenza con quella colta: il pianoforte e il flauto traverso rappresentano il primo orizzonte musicale con cui si confronta, anche se più in là spesso preferirà la chitarra. Inizia a suonare con I poeti: è ancora il 1967, si tratta principalmente di farsi le ossa e di coltivare le amicizie.
Una prima svolta arriva a vent’anni, quando entra nei Sagittari, più tardi noti con il nome di Delirium. L’influenza del progressive è evidente, come in svariati gruppi rock italiani dei primi anni Settanta. Nel 1972, Fossati e i Delirium approdano a Sanremo, che da Genova non è neanche tanto lontana: Jesahel arriva sesta, ma è un successo clamoroso quanto a vendite. Forse troppo, per il timido Fossati: lascia quasi subito il gruppo, scrive una canzone per la colonna sonora di Beati i ricchi di Salvatore Samperi.
Poi torna al pop e a Sanremo, nel 1973: la canzone si chiama Vento caldo, ma non arriva sul palco perché è scartata prima. Fossati ha soltanto ventidue anni all’epoca, ma si trova a provare avventure molto diverse: incide il primo album, Il grande mare che avremmo traversato, con riferimenti letterari, spunti jazz, atmosfere sudamericane. E diventa padre: la moglie Gildana dà alla luce Claudio, in futuro anche lui musicista.
Inizia anche a lavorare con Oscar Prudente e la collaborazione si fa sentire in Poco prima dell’aurora, altro disco del 1973 che è praticamente un album a quattro mani. La struttura della musica di Fossati è ancora in divenire: ci sono sia direzioni da prendere in modo più deciso, sia sfizi da togliersi. Come in Good-bye Indiana, un album americano in cui Fossati collabora con la cantautrice californiana Marva Jan Marrow, con Umberto Tozzi agli arrangiamenti, e in cui suona quasi tutti gli strumenti: le chitarre, le tastiere, i flauti, ma anche il sax, il basso, la batteria, le percussioni e le campane tubolari, neanche fosse Mike Oldfield.
Pensieri stupendi
Non sono anni di grandi successi, ma Fossati li utilizza anche per iniziare collaborazioni importanti. Su tutti quella, partita nel 1977 e sfociata anche in un rapporto nella vita personale, con Mia Martini. Dello stesso anno è una canzone che nasce sulla base di Formule magiche, un pezzo scritto nel 1974 da Oscar Prudente, che però non era soddisfatto del testo e ne chiede uno nuovo a Fossati: il cantautore, pensando di proporla a Loredana Bertè, scrive un brano molto sensuale e accattivante, che intitola Pensiero stupendo.
La Bertè lo ritiene troppo ambiguo, Patty Pravo invece no e sarà un trionfo. Sempre nel 1977 esce La casa del serpente, che contiene Anna di primavera, con la Martini, e Stasera io qui. Come autore riceve numerose richieste: canteranno sue canzoni anche Mina, la Vanoni, Patty Pravo, la stessa Bertè. E gli inviti aumentano dopo il 1979, quando esce La mia banda suona il rock: se il disco fa registrare una moderata progressione rispetto ai temi precedenti, con pezzi come Limonata e zanzare (quasi un preludio a Panama), … e di nuovo cambio casa, Passa il corvo, la canzone omonima diventa un tormentone, ancorché ben fatto, per i decenni successivi della musica italiana, fino nientemeno che a una cover del 2006 di Laura Pausini.
Fossati, a mezza bocca, sconfesserà la canzone, ma si tratta di un trionfo che aiuta la notorietà del cantautore e che dimostra come sappia giostrare su toni molto diversi. Nel 1981 è la volta di panama e dintorni, che porta in dote un nuovo successo pop come Panama, ma anche un pezzo molto triste, riuscito e sentito come La costruzione di un amore, scritta in origine per Mia Martini e qui reinterpretata dall’autore.
La canzone popolare
Fossati cambia spesso collaboratori, guardando sovente all’estero, e continua a suonare molti strumenti diversi, dimostrando un’abilità e delle attitudini che non collimano con il cantautore tipico italiano. Nel 1982 scrive E non finisce mica il cielo, per la Martini, mentre nel 1983 arriva Le città di frontiera, aperto da La musica che gira intorno: c’è un cambio di atmosfera dietro il disco e forse anche qualche tentativo di serenità che cerca di emergere. Il 1984 è invece l’anno dell’uscita di Ventilazione, con Viaggiatori d’Occidente e La locomotiva, rifacimento di The rail song di Adrian Belew, episodio non isolato di riferimento ferroviario, nella discografia e nella fantasia di Fossati.
Nel 1986 esce il non memorabile 700 giorni, mentre due anni dopo è la volta di La pianta del tè, sicuramente tra i capolavori dell’autore genovese. La fama di Fossati è ormai robusta, sia quando interpreta in prima persona i propri pezzi, sia quando li propone ad altri, come successo anche, per esempio, con Anna Oxa e Un’emozione da poco, oppure con la Bertè e Non sono una signora: si dimostra un autore capace di interagire con artisti di livello diverso, migliorandoli sempre.
Così, un suo concittadino, Fabrizio De André, decide d’iniziare con lui un dialogo che porterà a Le nuvole, che contiene Mégu Megún e  çímma, cui Fossati prende parte. L’esperimento piace così tanto che per Anime salve del 1996, che risulterà essere l’ultimo disco di De André, la collaborazione si estende a tutte le tracce dell’album.
Ma nel frattempo Fossati si è mosso lungo il proprio percorso: nel 1990 esce Discanto, che approfondisce le ricerche anche linguistiche del cantautore. Nel 1992 invece è la volta di Lindbergh, che porta con sé un classico come La canzone popolare, diventata anche un inno politico, pur essendo, senza dubbio, qualcosa di più importante. Il disco è caratterizzato dalla tematica della guerra, con la riproposizione del Disertore di Boris Vian e con Che poca voglia di fare il soldato, ma anche dalle prospettive del viaggio, con Lindbergh e con Mio fratello che guardi il mondo. Stabile, invece, la prospettiva dell’incantevole Sigonella.
Esplorazioni e collaborazioni
Il cantautore è arrivato a un punto molto alto della propria produzione, ha capito che ci si può prendere davvero sul serio senza uscirne con le ossa rotte, è consapevole e maturo. Perciò si ferma e fa altro: concerti, colonne sonore (Il toro di Mazzacurati), la stessa collaborazione con De André. Bisogna attendere il 1996 per un nuovo disco di inediti: è Macramè ed è la rivelazione che quattro anni non hanno spento la fiamma.
Con l’aiuto di un notevole gruppo di musicisti, tra cui Tony Levin al basso, Trilok Gurtu alle percussioni e il figlio Claudio alla batteria, Fossati si muove lungo le linee abituali, regalando però deviazioni quando meno ce le si aspetta: Labile, pur con un testo alto ed elaborato, è quasi pop da classifica; l’inquietante La vita segreta ha un ritmo incalzante che afferra alla gola; l’accoppiata L’amante e L’orologio americano è Fossati purissimo, con complicazioni strutturali utilizzate anche per vezzo e con ambientazioni cinematografiche totalizzanti.
Quattro anni diventano il tempo necessario per la realizzazione di un disco: nel 2000 esce La disciplina della terra, che recede dai collaboratori eccellenti internazionali per ampliare la squadra con celebrità italiane (in ordine sparso, Enrico Rava, Paolo Archetti Maestri, Luvi De André), che torna sul tema della ferrovia (Treno di ferro), che si accosta alla religione con spirito piuttosto dubbioso con Iubilaeum bolero (Ai giubilanti dell’anno Duemila), che chiude un conto aperto con il passato, grazie a Dancing sopra il mare (Panama, parte seconda e finale), un breve recital per voce femminile su ritmo di beguine.
Qualche innocente evasione
Per attendere il disco seguente non è necessario aspettare anni, ma forse non è proprio ciò che i fan si attendevano: Double life/not one word è un disco strumentale che supera, almeno in parte, la forma della canzone. Anche se non del tutto: come ci raccontò a suo tempo Fossati stesso:
Le tentazioni vanno tenute a bada: quando si sconfina decisamente, una volta per tutte, e si esce dall’ambito leggero, l’orizzonte è grandissimo. Si può pensare che, da quel momento in poi, si può fare tutto… Io ho un po’ paura di queste tentazioni. Ci sto attento e cerco di fare un tipo di musica che comunque mi somigli. Non sono un musicista classico, né un musicista jazz.
Insomma non è un caso se la parola “disciplina” torna più volte nel lessico dei testi di Fossati. Con Lampo viaggiatore del 2003, fa qualche passo indietro, ricostruisce un rapporto con la canzone, recupera e reinterpreta pezzi scritti per altri, come Io sono un uomo libero, prestata a Celentano, e La bellezza stravagante, concessa ad Alice. Nell’Arcangelo del 2006, Fossati gioca con l’ironia, parla di politica in Cara democrazia, tratta di omosessualità, sembra soprattutto divertirsi.
Nel 2008, con L’amore trasparente, inclusa nella colonna sonora di Caos calmo, di Grimaldi e con Nanni Moretti, vince il David di Donatello: la canzone apre la strada all’album Musica moderna. Gli ultimi anni, sotto un certo punto di vista, costituiscono anche un tentativo di sfuggire all’etichetta di “intellettuale” (che in Italia e soltanto in Italia è insulto gravissimo) a tutti i costi: collabora con colleghi che non hanno questo marchio, come Laura Pausini, per la quale scrive Troppo tempo, oppure Claudio Baglioni, o Giorgia. Poi, nel 2011, annuncia il ritiro dalle scene: ultimo album Decadancing (un divertissement aperto da La decadenza), ultimo tour, ultima apparizione televisiva, eccetera. Ma non ha spiegato chiaramente che cosa, nella sostanza, lo abbia stancato, del fare musica.