Con la collaborazione di Antonio Gramentieri, arriva il primo disco di Jarred, The Caveman: dopo un ep uscito nel 2013, il trio porta in superficie i propri istinti folk conditi da sonorità indie con I’m Good If Yer Good. Li abbiamo intervistati.

Potete riassumere la storia della band fin qui e spiegare il nome della band?

Tutti e tre ci siamo conosciuti sul posto di lavoro. Eravamo partiti con l’idea di fare una band easy, poco impegnata e con un sound molto grezzo. Ci siamo dati, quindi, questo nome con l’intenzione di non prenderci troppo sul serio… Ed anche perché Pink Floyd non era più disponibile. Le cose poi hanno presso un’altra piega, lo stile e il genere sono cambiati ma il nome è rimasto lo stesso.

Alle spalle avete un ep, ma un disco “intero” è certamente un passo importante. Come lo avete affrontato? Con quali umori e sensazioni? È come vi sentite ora dopo averlo pubblicato?

In realtà il disco verrà pubblicato il 9 ottobre, quindi fino ad allora saremo in uno stato di “limbo”. Dato che il disco l’abbiamo registrato per conto nostro, ce lo siamo sudato parecchio… siamo stati molte volte vicini a metterci le mani addosso ma alla fine di tutto ci vogliamo più bene che mai.

A salvarci dallo scioglimento della band è stato il mitico bomber Antonio Gramentieri, che si è preso la responsabilità del mix assieme alle decisioni che noi non riuscivamo a prendere. Alla fine siamo molto fieri del risultato.

Quali sono state le difficoltà maggiori che avete incontrato nel realizzare il disco, se ci sono state?

La prima grande difficoltà che abbiamo trovato è stata quella di fare la ripresa dei nostri tre strumenti acustici suonati contemporaneamente, per riportare sul disco il “feel” che abbiamo quando suoniamo live. La seconda grande difficoltà l’abbiamo incontrata nel momento del mix. Una volta capito che non ne saremmo usciti vivi, abbiamo deciso di contattare Antonio Gramentieri.

Jarred, The Caveman: più valore alla musica

Come nasce “Amelia”, a mio parere uno dei vertici del disco?

“Amelia” è una canzone che Alejandro aveva da prima che nascesse la band. All’inizio si chiamava “Endless Ocean” e della versione definitiva aveva solo il riff e la linea melodica. La canzone è nata da un momento di difficoltà di una sua collega, dopodiché ha preso una piega tutta sua e si è sviluppata in quello che è attualmente.

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Abbiamo adibito il “circolo dei malfattori” a mo’ di studio con un vecchio sistema Pro Tools registrando in presa diretta i tre strumenti principali (chitarra acustica, contrabbasso e batteria). Arrangiamenti e voci sono state fatte in studio.

La classica domanda di chiusura: si sa che il grande successo musicale si raggiunge costruendo delle rivalità fasulle (Beatles/Stones, Blur/Oasis, Albano/Romina eccetera). Potreste scegliere uno o più rivali e criticarli, anche per finta, ma aspramente, provocando poi risposte che faranno venderete a tutti molti più dischi?

Nel momento in cui una band da più valore al soldo che alla musica, perde il nostro rispetto. Per esempio, i Mumford and sons non ci facevano così schifo prima che diventassero i Coldplay.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi