Con l’umile ma malcelata ambizione di fornire ai lettori di TRAKS qualcosa di “diverso”, che si possa leggere accanto, insieme, sopra e sotto la musica che accompagna le nostre giornate, questo agosto abbiamo deciso di proporre o riproporre alcuni articoli monografici che abbiamo scritto in passato, per lo più su altre testate, e che non volevamo andassero persi. Letture estive, ma anche per ogni stagione.
Come si può separare Keith Richards la persona, l’uomo, l’essere vivente fatto di carne e sangue (e chissà cos’altro) dal “personaggio” Keith Richards? Sarebbe come tentare di descrivere la vera vita di Ulisse, o di Gilgamesh, o di Orlando il paladino. Sarebbe quantomeno deludente.
Il mito travalica, rende superfluo verificare e analizzare che cosa sia vero e che cosa no. Una volta ha dichiarato di essersi sniffato le ceneri di suo padre. Poi ha smentito. Poi ha ritrattato la smentita. Ma in fondo, non te lo vedi che raccoglie una manciatina, la compone in belle striscioline, e la tira su con un naso che ha visto passare di tutto dalle proprie cavità? Che sia veramente successo oppure no, che differenza fa?
Quando Johnny Depp, che lo idolatra, è stato scelto per recitare nei panni di Jack Sparrow nella saga dei Pirati dei Caraibi non è andato a informarsi su come si comportava Barbanera o Francis Drake: ha copiato, bandana e tutto, Keith Richards, e più avanti nella saga gli ha anche trovato un posto, nella parte del padre di Jack.
Che sia lui la parte “di sostanza” dei Rolling Stones è indubbio. Mick ne è principalmente l’immagine, Charlie Watts la solida roccia a cui aggrapparsi, Ronnie Wood “il ragazzino”, benché compia 70 anni nel 2017 e sia nella band dal ’75. Ma è l’ultimo arrivato e così sarà per sempre.
Ma di quale sostanza si tratti, è tutto un altro discorso. I suoi aforismi sulla droga sono talmente tanti che sarebbe necessario un libro per contenerli tutti. Il più famoso è probabilmente: “Non ho mai avuto problemi con la droga. Ne ho sempre avuti con la polizia”.
La sua posizione in merito è sempre stata: non fate come me, ma fatevi gli affari vostri. Una volta si è inventato che si era fatto ripulire il sangue per disintossicarsi, con l’intento liberarsi di un intervistatore molesto. Da allora non gli hanno chiesto altro, o quasi.
Altra tesi piuttosto in voga è quella per cui avrebbe fatto un patto con il diavolo per sopravvivere a tutte le schifezze che ha mandato giù negli anni. Forse se lo si mettesse sul piatto di un giradischi e lo si ascoltasse al contrario, si udirebbero terribili invocazioni sataniche.
Quanto sarebbe bella la vita se bastasse rivolgersi al diavolo per ottenere tutto quello che si desidera! “Senti, Satana, dovresti fare di me un virtuoso della chitarra. Spicciati!”. (…) Credi che Robert Johnson nei sei mesi che sparì se ne sia stato a chiacchierare con il demonio? Io penso li abbia trascorsi facendosi un mazzo così sulla chitarra. Poi è tornato e, be’, qualche progresso l’aveva fatto e la gente… “Deve avere stretto un patto col diavolo“
Anche la composizione di Satisfaction, il pezzo che regalò gli Stones alla leggenda, ha un che di diabolico:
“Satisfaction” è stata l’unica volta che mi sono svegliato e avevo qualcosa di pronto in mente. Ed è stato bellissimo, perché quella notte ero stanco morto. Ero in un albergo, con un piccolo registratore nella stanza. Ho iniziato a registrare, ho preso la chitarra, ho suonato quella sequenza una o due volte e poi sul nastro si sente che mollo tutto, e il resto della cassetta sono io che russo
Be’ non è proprio come Il trillo del diavolo di Tartini, altro pezzo celebre suggerito dal Demonio in persona. Anche in questo caso, comunque, non ha importanza che sia davvero andata così oppure no: che il giro di chitarra più famoso del rock arrivi in sonno e senza preavviso fa un certo effetto.
Keith Richards è la quintessenza del rock’n’roll, almeno quanto è il perfetto membro di una band di successo. Mai troppo smanioso delle luci del proscenio, mai troppo alla ricerca di successi personali, si è sempre messo “al servizio della squadra”, come dicono gli allenatori di calcio.
Quando ha avuto accanto chitarristi più dotati accanto a lui, lo ha sempre riconosciuto e ha fatto loro spazio. Per esempio ha sempre omaggiato il talento di Mick Taylor, ammettendo che era superiore al suo. Ma poi Taylor è uscito dal gruppo, promettendo nuove e grandi sorprese che non ha mai mantenuto. E Keith lo ha puntualmente preso in giro: “Aveva tante idee, tanti progetti… lo sto ancora aspettando”.
Pur essendo un “uomo-squadra”, Keith non si è mai risparmiato quando c’è stato da scudisciare amici, colleghi, parenti, chiunque. Persino di Brian Jones, fondatore della band scomparso nel ’69 a 27 anni, ebbe a dire:
Non era quell’individuo così… spirituale che è stato dipinto a posteriori. Era un opportunista e figa e denaro erano le sole cose che desiderava. (…) non era per niente una persona piacevole con cui stare. A nessuno di noi piaceva. E più si aveva successo, più lui diventava odioso. Quando morì fu dura spargere qualche lacrima. Il sentimento generale era più “Wow, se n’è andato, grazie a Dio“
Ha avuto parole simpatiche per i Black Sabbath (“uno scherzo”), i Led Zeppelin (“un po’ vuoti”), gli Who (Daltrey, il cantante, è uno “tutto apparenza”, mentre il batterista Keith Moon era “un disastro” fuori dal contesto della band). E anche per Sgt. Pepper, ritenuto dai più il capolavoro dei Beatles: “Spazzatura”.
A dire il vero dei Led Zeppelin aveva anche detto: “I Led Zeppelin? No, non potrei mai sopportare di stare in una band con un cantante che fa mossette e si dà delle arie”. Ma lì non ce l’aveva veramente con gli Zep.
Perché l’obiettivo favorito di Keith, sia ben chiaro, si chiama Michael Philip Jagger. C’è stato un periodo (anni) in cui Keith ha chiamato Mick “Brenda” per il suo comportamento un po’, come dire, sopra le righe. Ci sono state incazzature storiche, come quando Jagger ha accettato la carica di baronetto, contraddicendo tutta la storia di ribellione che è l’essenza dei Rolling Stones.
Ha avuto parole non tenerissime quando Mick ha meditato, non tanto in segreto, di mollare la band e mettersi in proprio. E lo ha bastonato a dovere quando, fallito il tentativo, è ritornato alla base. Ma gli ha anche riconosciuto il fatto di aver tenuto in pista la band nei dieci anni in cui lui, Keith, era stato, per così dire, non molto sobrio.
Lo sanno tutti che ho passato la maggior parte degli anni ’70 perso nelle mie storie di droga. E durante tutto quel tempo è toccato a Mick tenere in piedi la baracca. Quando ho cominciato la mia lunga ibernazione, i Rolling Stones erano un gruppo rock. Quando mi sono svegliato, erano divenuti una sorta di circo itinerante di città in città per la gioia di grandi e piccini. Ma con che faccia avrei potuto lamentarmene? (…). La gente ci ha catalogato: Mick, il freddo uomo d’affari; Keith, il gentile ribelle. Ma non è così semplice. Né è giusto
Perché è chiaro che, leggende o realtà, esagerazioni o mitologia, Keith Richards è onesto. Sì, va bene, ci sono interi reparti di polizia dai due lati dell’Atlantico che non sarebbero proprio d’accordo con l’aggettivo.
Ma è proprio la sua onestà cristallina con tutti che lo ha portato a comporre alcune delle canzoni più memorabili della storia del rock: ci ha riversato tutto se stesso, e anche tutto quello che ha copiato dagli altri (quando presentò Chuck Berry alla Hall of Fame disse: “Mi è difficile premiare Chuck Berry. Perché ho rubato ogni nota che abbia mai suonato”).
Ci ha riversato anche la sua storia di ribelle senza compromessi, di contestatore per vocazione. Eravamo partiti dal padre, possiamo tornarci per chiudere.
Quando sono arrivato in Europa per il tour del 1982 ho concordato un appuntamento con mio padre. Be’, mi sono fatto accompagnare da Ron Wood. Vedi, avevo paura che mi prendesse a sberle. E poi mi trovo davanti un vecchietto. Allora ho capito perché non si andava d’accordo: perché io avevo diciassette anni e lui si faceva il culo tutto il santo giorno solo per fare mangiare noi. Questa è una cosa che non capisci quando sei giovane. Un tipo qualunque che torna a casa alle sette di sera: dov’è la cena? Guarda un po’ di TV e casca addormentato. Questo è tuo padre. E naturalmente non ha molta pazienza per sopportare un teppistello che suona la chitarra elettrica al piano di sopra
Be’ anche il teppistello, nel corso degli anni, è cresciuto, si è fatto il culo e ha dato da mangiare alla sua famiglia (a molte famiglie, a dire il vero). Ma vorrebbe che anche le sue figlie Alexandra e Theodora (seriamente, Keith: Theodora?) ne sniffassero le ceneri, quando polvere ritornerà. It’s only rock’n’roll?