La Ragazza Dello Sputnik, “Kiku”: la recensione
Kiku è l’album d’esordio de La Ragazza dello Sputnik. Kiku deriva dal giapponese e significa “crisantemo”, che è il fiore raffigurato in copertina; un fiore che in occidente viene comunemente legato al concetto di morte, ma che nella cultura giapponese simboleggia la rinascita.
La Ragazza dello Sputnik è il progetto di Valentina, nato dopo anni di scrittura e musica durante i quali costruisce un percorso alla ricerca di un’identità sempre più definita e originale, ma mai statica e definitiva. Sia dal punto di vista autoriale, sia per quel che riguarda la produzione musicale, l’obiettivo è quello di dar voce all’interiorità e alla profondità dell’umano attraverso le storie, le sensazioni, le emozioni e le fragilità raccontate. I testi e le parole si uniscono perfettamente alla musica ricercata, elegante, non scontata e basata sulla sperimentazione e la ricerca di nuove sonorità.
La Ragazza dello Sputnik traccia per traccia
Ritmi rapidi, elettronica e groove di basso all’interno di In Riva al Male, brano che apre le danze, lasciando anche spazio ad apertura e rallentamenti meditativi.
Dinamiche più rallentate quelle di Psicofarmaci, che ha un’aura piuttosto sognante dalla quale emerge la voce, tra idee musicali piuttosto vintage ma con un testo tagliente.
Mancanze lavora in sottrazione nel testo, anche se le sonorità sono piuttosto fitte, colorate e montate su una struttura variabile, con un pizzico di autotune quasi barocco.
Ha un movimento quasi dance la molto incidente Mantide, tossica nelle proprie espressioni e molto determinata nei modi. Molto più eterea invece Origami, per quanto il testo parli di angoscia (“mangiare carta e sputare origami”) e di ansie assortite.
Umori più oscuri quelli che esprime 27, con più malinconia che disperazione e con un battito sonoro e molto profondo. Si chiude con un certo dinamismo: è quello che regala l’ultimo brano del disco, Technicolor, luminoso e molto pop, per un’uscita fresca dal lavoro.
Molte le facce sonore che La Ragazza dello Sputnik mette in mostra, facendo uso giudizioso delle molte opportunità dell’elettronica. Che si adatta a testi ben scritti, plasmandosi secondo necessità e senza rimanere mai troppo lontano da una fruibilità del tutto pop.