L’interrogativo è interessante: che fai una volta che hai preso il pesce più grande dell’Oceano? Si potrebbe dire: dipende. Se sei Achab, muori (ok, scusate lo spoiler), se hai fame, lo mangi.

Amenità a parte, Catch the biggest fish in the Ocean, then what? è il titolo del nuovo disco di Nasov, al secolo Francesco Bordo, figlio di Napoli ma anche un po’ di Londra, che raccoglie nel disco dieci canzoni alt-folk (ma a volte neanche troppo alt) e numerose buone impressioni.

Someone else’s dog apre con la cautela propria dell’alternative folk, acustica ma incisiva, ben ritmata anche se sommessa. L’umore è medio, il passo ancora guardingo.

Ci sono altre sonorità a colorare The Fluff, moderata e sofferta, mentre si torna all’acustico con Sneezes are fun, che però in sottofondo lascia qualche gemito elettrico libero di viaggiare.

Le canzoni corrono via veloci, spesso appena sopra i due minuti di durata: è il caso anche di I am afraid of Foxes, che porta in dote un atteggiamento aggressivo e convinto.

Più dialettica The Biggest Fish, intermezzo musicale in cui, a un certo punto, passa il treno. You, me, seagulls and sea accetta tonalità piuttosto cupe.

Il disegno non è molto allegro nemmeno in Natural Disasters, in cui la voce di Nasov emerge in grande evidenza anche grazie all’arrangiamento piuttosto minimal.

C’è un episodio di vita vissuta alla base di My friend got bitten by a donkey, meno ironica di quanto il titolo lascerebbe supporre. Seal Song utilizza la chitarra elettrica per lasciare intravvedere panorami piuttosto allargati.

Enfatica la chiusura riservata a Dying is Easy, sia per l’argomento importante, sia per il passo solenne della canzone, che si avvale anche del contributo del pianoforte.

Benché siano presenti piccole incertezze, il disco è molto piacevole e ben equilibrato. Un talento plastico e multiforme, quello di Nasov, che si concretizza in canzoni ben scritte e ben eseguite.