Le Mura di Mos sono un gruppo molto “fresco”: nati nel 2013 a Carpi, magnifica cittadina in provincia di Modena colpita ma non spezzata dal terremoto, hanno impiegato pochi mesi a radunare le tracce di Come sempre non sai più, il disco d’esordio.

Si tratta, in realtà, di un ep cresciuto fino a raggiungere le dimensioni di un lp, ma per quanto possa non essere figlio di un progetto unitario, mostra un’impronta alt-rock piuttosto omogenea e compatta.

Il disco si apre con Tereza, con tutta evidenza la banner song della band, che su una struttura rock molto consistente racconta una storia a metà tra il personale e il sociale. La canzone è presente nel disco anche nella sua “extended version”, di oltre sette minuti, con un mix diverso e maggiore spazio per gli strumenti.

Ci si dibatte tra cronaca e storie personali anche in Mogadiscio, una vasta ballata medio-rock intensa e appassionata, caratterizzata da plurimi cambi di ritmo. Un lavoro di basso piuttosto serrato caratterizza Tavoli in penombra, altro pezzo dal ritmo incalzante e ben costruito, con un intermezzo simil-rap.

Ora d’aria è caratterizzata da un intermezzo funky e da un cambio di ritmo piuttosto interessante che spezza la canzone in due.  Il primo giorno di primavera parla di speranze forse effimere con il carattere della ballata, con la voce a stagliarsi su un panorama molto minimal all’inizio, poi l’utilizzo dei cori cambia il carattere del pezzo.

Si abbassa il tono sull’inizio di Tungsteno, ma anche qui c’è un cambio di passo e una rumorosa esplosione improvvisa che stravolge l’atmosfera iniziale, con accenni di Radiohead nelle svisate di chitarra.

Cambiare forma è divisa in due parti ed è, come il resto del disco, aggressiva e vibrante, forse complessivamente la migliore del disco. Il finale è “in vinile”: la ricerca dell’effetto e del gioco sonoro sorprendente c’è, ma non è mai né troppo invadente né ridondante.

Il disco mette in evidenza numerose virtù della band, che suona in modo competente e riesce a inserire variazioni e intuizioni nel contesto di un tessuto indie rock piuttosto robusto.

Forse si potrebbe correggere qui e là qualche piccolo eccesso di enfasi, ma la band è più che credibili e avere margini di crescita non è mai un male.

2 thoughts on “La recensione: “Come sempre non sai più”, Le Mura di Mos”

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