Ci sono parecchie sostanze nella Bottega Glitzer: come negli emporii di una volta ci si trovano merci di ogni tipo, qualcuna di uso comune, qualcuna misteriosa, qualcuna scintillante, qualcuna forse magica. Ed è così che, mescolando tutti gli ingredienti, che si è ottenuto Ding!, il disco d’esordio della band.
I Bottega Glitzer sono Nadja Maurizi (voce, chitarra, organetti, tromba), Giorgio Maria Condemi (chitarra elettrica), Carmine Iuvone (contrabbasso), Matteo Scannicchio (fisarmonica, organo), Federico Leo (batteria): dati gli strumenti è evidente come la musica parta da una struttura vicina al jazz, per approdare a un pop dal sapore inevitabilmente retrò.
Nel disco si saltella tra quasi tutte le lingue d’Europa, anche perché Nadja è svizzera tedesca, ma frequenta la scena romana e ha familiarità con inglese e francese. Del resto la varietà è un tratto distintivo del disco.
A cominciare da ABBA, che non è una cover di “Mamma mia!”, ma un medio ritmo con chitarra contraddistinto dall’acronimo “AroundBehindBeforeAbove”. Baby, che dava nome all’ep d’esordio e che vanta il primato di essere stato il primo brano composto dalla band, si presenta come piccola ballata sommessa e timida, ma a un certo punto stacca gli inseguitori e accelera di netto.
Più tranquillo lo swing di Your Smile, con un occhio alle ascendenze nobilissime (Piaf, Fitzgerald e compagnia). Si passa poi al singolo Tutte queste cose, che si inserisce nel filone “vintage” del ripescaggio della canzonetta italiana che fu. Per parte nostra non ne sentivamo il bisogno, ma va dato atto alla band di aver eseguito l’operazione con la dovuta cura.
Geh Nicht Forth è un pezzo voce e chitarra in ritmo di valzer, dolce e sommesso. E si passa al francese: J’Aime ça non scherza, si cala in un’atmosfera jazz/pop ben costruita e ben suonata.
E si riparte con questa specie di TGV che però supera anche la Manica: arriva infatti Mr. Perfect, in cui il contrabbasso apre le danze, il pezzo è sincopato e sembra adatto sia ai fumi di un jazz club, sia ad un ascolto molto più “free”.
Weinnacht ritorna al tedesco e ad atmosfere retrò. C’è poi Garden of Cotton Hearts, in cui la chitarra acustica apre spazi per un brano che si muove su una spiccata sensualità di fondo.
Will Tanzen invece si apre con i suoni della fisarmonica e parte dalle pianure della Germania per cavalcare verso est, negli stessi territori dei Gogol Bordello. Vieni qui invece torna su toni molto morbidi, ma poi si apre e diventa quasi danzereccia, ove per “danzereccia” si pensi più alla balera che ai dj, alle cubiste o alla mirrorball.
Il disco è ben concepito, ben scritto e ben suonato. L’alternanza di lingue differenti è un po’ spiazzante, anche se la voce della Maurizi le gestisce tutte con sapienza e proprietà. C’è un’attenzione anche alle tendenze in voga (non è un reato), ma c’è una cura del dettaglio, un’attenzione alla struttura del pezzo che nel pop comune non si riscontra.
[…] loro disco si chiama Ding! (qui la nostra recensione) ed è un esordio ben costruito e qui e là sorprendente: anche in forza di un singolo divertente […]