Palermitano, classe ’87, un album alle spalle: l’identikit non dice quasi niente, ma ascoltare “Ho una galassia nell’armadio” dice parecchio. Si sta parlando di Nicolò Carnesi e del suo nuovo lavoro, in uscita il 1° aprile.

E’ un album in chiaroscuro, ma questo non è un giudizio di valore: piuttosto è un contrasto d’immagine, come in quelle foto in cui il soggetto si staglia bene in luce, ma esaminando meglio si scopre che i particolari all’oscuro non sono meno importanti della figura centrale.

Ascoltare il disco è bene, ma riascoltarlo è ancora meglio, perché le sfumature sono quasi fatte apposta per sfuggire all’ascoltatore distratto. Invece approfondire fa bene e apre orizzonti non sempre previsti, anche se si rimane nel recinto del cantautorato contemporaneo.

Apre la title track, Ho una galassia nell’armadio: si parte da rumorismi quasi drum’n’bass, poi apre di tastiere. Veloce e abbastanza aggressiva nonostante la voce sottile di Nicolò. In tutto il disco c’è un uso moderato dell’elettronica, ci sono figure femminili come da tradizione, ma il tessuto sonoro è articolato.

Il disegno cita in maniera quasi diretta i Cure di “In between days”: ne risulta una canzone veloce e sprintosa, dalle sonorità eighties. L’ultima fermata è un pezzo morbido, che si struttura su voce, tastiere e batteria e poco più. CI sono riferimenti cinematografici a pioggia su un rapporto che finisce.

La grande fuga di Alberto parte solo acustica, poi entrano tastiere e percussioni. Si parla di contrasti, tra riferimenti einsteniani e scientifici. L’andamento del pezzo è acceso/spento/acceso. La scienza cui si fa riferimento è quella “alta” (l’ “Alberto” del titolo sarebbe Einstein, a quanto si capisce), ma lo sfondo sembra piuttosto il liceo, compreso di fancazzismo seriale.

Arriva poi Numeri, morbida e con tante aperture di tastiera. Qui e là fa pensare quasi agli Yes, che Carnesi per problemi generazionali non dovrebbe conoscere. Davvero non male Proverbiale, che apre con un’affermazione incontrovertibile: “Tra il dire e il fare c’è di mezzo un fiume di cazzate”. Una delle più pop del disco, si impernia su un allegretto di chitarra attutito. Altra citazione notevole: “Tra vita e morte c’è di mezzo uno stato neutrale/ma non è la Svizzera”.

Anche in Cassandra ci sono alternanze di ottimismo/pessimismo e allegria/tristezza. Il passo è svelto ma i riferimenti sono acustici. Illuminati è forse la più originale del disco, per invenzioni, testo e stile di canto. Anche qui il ritmo è incalzante, c’è qualcosa di Rino Gaetano, ma il tappeto sonoro è molto più lavorato.

Salta all’occhio il passaggio “Come mai, come mai/tutto va a puttane”, che per i più anziani si avvolge intorno a un altro “come mai, come mai” che si cantava negli anni Settanta. E’ il pezzo più “impegnato” del disco, anche se non è proprio consigliabile cercare affinità con la Locomotiva gucciniana.

Gli eroi non escono il sabato vive di un ritmo sincopato e di un’atmosfera quasi battistiana, il cantato varia seguendo onde in direzioni diverse. Chiude La rotazione: nessuna avventura particolare, ma abito da cantautore, qualche accelerazione e finale di piano.

A dispetto del titolo e della copertina “cosmica”, è la parte dell’armadio la più importante. Il disco è più intimo che astronomico e per quanto la musica sia curata e dettagliata (Nicolò è polistrumentista e suona tutto, compresa la sezione ritmica) voce e testo rimangono centrali nel disco.

Tutto quello che non è stato suonato da Nicolò è stato suonato da Tommaso  Colliva (sintetizzatori  e  batteria  elettronica,  vibrafono), Daniel  Plentz (percussioni,  batteria), Roberto  Angelini (chitarra  slide), Rodrigo  D’Erasmo (archi), Eduardo  Dechtiar (basso), Angelo  Trabace (pianoforte), Antonio  Di  Martino (basso).

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