Terzo disco per gli Spin Marvel, creatura jazz che ruota soprattutto intorno alla figura del batterista Martin France, che per questo lavoro, Infolding, recluta Tim Harries, Terje Evensen, Emre Ramazonoglu e Nils Petter Molvaer.

Le sei tracce mostrano le numerose possibilità degli strumentisti qui riuniti e cercano di catturare l’immediatezza del suono senza rinunciare al lavoro di produzione: il materiale grezzo del disco nasce infatti da una sessione di quattro ore poi trattata in sede di produzione da Ramazanoglu.

C’è un movimento sotterraneo crescente ad animare tutta la prima parte di Canonical, sul quale poi si innesta un basso vibrante e furibondo e che richiama con sé gli altri strumenti provocando una tempesta che impazza per qualche tempo.

Dopo la tempesta, la quiete: c’è principalmente la tromba di Nils Petter Molvaer a dominare la scena di Tuesday’s Blues, anche se la batteria cresce e occupa tutto il background del pezzo.

Two Hill Town introduce un’atmosfera differente, di inquietudine e rumoristica assortita, di nuovo con il drumming protagonista, prima che gli altri strumenti salgano di tono a formare un insieme pulsante, come se sorgesse all’orizzonte un nuovo pianeta del suono.

Leap Second torna sui discorsi (verrebbe da dire sulle macerie) di Tuesday’s Blues, con la tromba di Molvaer che di nuovo si erge solitaria.

Same hand Swiss Double Pug mette in evidenza anche le qualità muscolari della batteria di France, che dopo qualche passaggio sommesso si impossessa della scena con un assolo piuttosto evidente. La chiusa invece mette in evidenza la forza innovativa della tromba elettrica di Molvaer, che dardeggia in modo apparentemente incontrollato.

Si chiude con Minus Two, che vede la partecipazione di Ramazanoglu alla batteria e che vede la band decollare per distanze lontane, con estremizzazioni che si spingono fino a sonorità industrial.

L’album si fa notare per l’eccellente lavoro del basso di Tim Harries, oltre che per le ovvie qualità della batteria di Martin France e per la tromba di Molvaer.

Molto convincenti, per struttura e varietà, soprattutto le due suite finali, in un disco che comunque mette in mostra qualità strumentali indiscutibili e un lavoro di squadra eccellente.