I Moongoose sono un progetto nato nel 2009, ma ispirato a sonorità di un quindicennio prima. Se volessimo fare il solito giochino ascoltandoli senza sapere chi sono, li collocheremmo agevolmente nella Bristol degli anni Novanta, quella di Tricky, dei Portishead, dei Massive Attack e compagnia.
Ma non bisogna fermarsi alla superficie dei suoni: il loro disco Irrational Mechanics infatti mette sì in luce le somiglianze con quel Bristol Sound da cui prendono evidentemente spunto, ma è la sezione ritmica a giocare il ruolo più importante in ogni pezzo.
Closed field apre con una ripetizione ipnotica di una singola frase di testo, tra sonorità molto artificiali, ma è quasi uno specchietto per le allodole: presto intervengono gli strumenti analogici a quadrare il cerchio.
Pool procede a passo abbastanza lento e cadenzato, mentre Irrational Mechanics gode di un’atmosfera serena anche se punteggiata da una batteria particolarmente attiva, cui si appoggia un attento lavoro di basso.
Più cupa l’aria intorno a Paradox, dove è ancora il basso a muoversi in modo sinuoso e sottotraccia, ma anche con dosi di elettronica più evidenti.
Anche Fomenta si avvale di lavori di batteria di primo livello e di una ritmica molto densa di eventi. Da notare anche Topological Space, che inserisce anche suoni di pianoforte in un panorama già piuttosto ricco e interessante.
O-Ratio si appoggia su ritmi piuttosto morbidi e procede per ampie volute. Mistake atterra da spazi siderali, da cui emerge la voce di Dea Mango con un notevole grado di raffinatezza. Molto elettronici gli spazi in cui si muove Il Continuo, che chiude il disco: si tratta dell’unica traccia cantata in italiano.
Come si diceva non ci si deve fermare alla superficie: è vero che il sound cui la band fa riferimento è abbastanza vintage, anche se è una moda che ritorna. Ma i muscoli della sezione ritmica sono molto freschi e vivi.
Una critica possibile è alla voce di Dea Mango, non perché non sia ottima o non abbastanza elegante (è vero il contrario), ma perché risulta spesso un po’ troppo uguale a se stessa. Anche se è possibile che fosse proprio questo l’effetto che si ricercava.
Il disco si colloca in alto sia per livello di qualità sia per piacevolezza complessiva. I brani sono ricchi di personalità e il lavoro di tessitura alla base di ognuno può appagare sia l’ascoltatore distratto, sia il purista alla ricerca del particolare.