Si chiama Others il primo lavoro su distanza lunga degli Athene Noctua, gruppo nato a Mondovì, in provincia di Cuneo nel 2010 e in grado di sviluppare le proprie cavalcate strumentali già in un primo ep del 2011, Glayx.
La band, formata da Andrea Baio, Tommaso Fia, Cristiano Rossi e Simone Rossi, ha un approccio molto rock, per essere una band post rock: i suoni del disco sembrano quasi voler rispettare i dettami della forma canzone, anche se poi è inevitabile lasciarsi andare a prolusioni più vicine al jazz, al prog, più raramente al noise.
La partenza è affidata a un’esplorazione in chiave di rock piuttosto potente del sound e delle atmosfere western, con Flying Poncho: se il discorso impostato dal riff di chitarra suona molto morriconiano, molto meno lo sono le distorsioni e le percussioni che martellano il brano.
Si cambia ambiente con Mole Garden, che spinge più all’oscuro le sonorità del brano, flirtando con altri generi strumentali che vanno dal jazz al progressive.
Le attitudini del brano precedente sono sviluppate in modo ulteriore nel brano successivo, dal titolo curioso Suppah Suppah! Magic Soup, che pur mantenendo la struttura del pezzo rigorosamente rock, con un pregevole giro di basso a tenere insieme il tutto, inserisce derive jazz da metà pezzo in là.
Molto più “discorsivo” l’approccio adottato da Boreal Lotus, brano veloce e plastico che si classifica senza dubbio fra i brani di maggior carattere dell’intero lavoro.
Karlheinz’s Flight si riempie di citazioni e flirta con una serie di brani per pianoforte che vanno dalla Tristesse di Chopin in là, filtrandoli con effetti sonori di vario tipo.
Del tutto differente il ritmo di New Mumba, con tanto di ritmo battuto dal batterista all’inizio del brano come se fossero i Rolling Stones. E invece le atmosfere sono tra lo zappiano e il crimsoniano, con cambi di ritmo e sapiente dosaggio sonoro, in dosi non omeopatiche.
Pregevole la cavalcata di Chattanooga Experience, che segue: un’accelerazione iniziale cui fa seguito una parte più meditativa, senza cadere mai in umore cupo o malinconico.
Si chiude con Bananatras, tra il giocoso e lo psichedelico, con una piega successiva verso atmosfere di nuovo progressive, spesso nostalgiche (Van Der Graaf Generator, ma anche PFM) in maniera piuttosto palese.
Non è semplice capire che piega abbia preso la musica strumentale italiana indipendente degli ultimi tempi, visto che sembra seguire tutte le tendenze contemporaneamente: c’è chi fa noise, chi propende verso il jazz, chi guarda con nostalgia al progressive, chi si butta sull’elettronica tout court.
Ciò che è sicuro è che la qualità e la quantità di dischi interessanti è molto costante e non si può sottovalutare: Others, da questo punto di vista, non soltanto non fa eccezione ma è una grandiosa conferma.
Il disco degli Athene Noctua non sembra affatto un esordio, scevro com’è delle goffaggini e delle direzioni sbagliate che di solito si imboccano a inizio percorso. Al contrario, talento e misura vanno di pari passo, in un album al passo con i tempi e sintomatico di una grande preparazione e di idee chiarissime.