Il rococò fu uno stile artistico che si sviluppò soprattutto in Francia nel Settecento, come sviluppo del tardo barocco. E poi venite a dire che su TraKs non si impara niente.
Rococò è però anche il titolo dell’ultimo lavoro dei Dadamatto, trio con alle spalle un nome solido, un’esperienza ormai decennale e una bottega artigiana che ha già sfornato tre dischi. Questo è il quarto, stavolta sotto l’egida de La Tempesta Dischi.
Si tratta di un lavoro che tiene fede al proprio titolo: non ha l’opulenza del barocco, ma indulge volentieri nella decorazione minuta, spesso asimmetrica, con attenzione ai particolari.
Dopo un’introduzione veloce e suggestiva con Prologo (più barocca che rococò, a dire il vero), arriva la fresca e veloce Marina, portatrice di un pop elegante e ben scritto.
Pluridimensionalità gioca con le tastiere e le sonorità pseudo-vintage per innestare un rock con caratteristiche di morbidezza, circonfuse di pomposità sparse.
A due passi dal mare abbassa parzialmente i toni, anche se qualche morso di chitarra è possibile rilevarlo anche qui. Orte si articola su giochi di parole e su un rock di discreta potenza e complessità.
America alza il livello dell’intensità sonora e parla, un po’ a sorpresa, di politica internazionale e dell’embargo a Cuba, probabilmente anche perché voce e parte del testo sono firmati da Emidio Clementi dei Massimo Volume. Il pezzo è fra i più riusciti del disco.
Arrivederci si dipana su ritmi veloci, con qualche divagazione di sapore simil-orientale, racconta storie di viaggio e di sconfitta. I cinque dell’Ave Maria ha un’introduzione acustica e parla di giovani uomini dalle cattive abitudini e dalle vite problematiche.
Insieme imposta il discorso su un riff piuttosto catchy, ed è libera da alcune (non da tutte) sovrastrutture orchestrali che costellano il resto del disco. Epilogo chiude con un andante di pianoforte a suggellare il discorso.
Il disco richiama qualche atmosfera del rock strumentale dell’epopea progressive, ma è soltanto un vestito: i contenuti sono quelli di un rock-pop spesso brillante e ironico.
C’è un che di infantile e di giocoso in molti dei testi e anche in qualche costruzione musicale della band. Alcuni brani possono dare l’impressione del l’eccesso di costruzione, della voglia di strafare, ma nel complesso il disco costituisce una buona prova, ricca di idee positive.