La recensione: “Sangue”, Orfeo #TraKs
Una voce sottile, elementi semplici, una presenza da cantautore, pianoforte e chitarra: gli ingredienti di Sangue, ep d’esordio di Federico Reale in arte Orfeo sono più o meno tutti qui.
Nelle cinque canzoni firmate da Reale si avverte l’influsso della musica cantautorale italiana, contemporanea e più antica, immersa nei suoni del pop di oggi.
Apre il discorso, in maniera piuttosto movimentata, Colore, una ballata in crescendo con un sostanziale climax che si interrompe sul finale.
Neve cade fitta quale brano successivo e, pur mantenendo un profilo basso, adorna di qualche luce in più il contesto sonoro in cui si sviluppa il pensiero di Orfeo.
Maggiore ritmo e anche qualche spruzzata di blues nella Canzone dell’Erica, con un basso molto ricco di groove (erano anni che non scrivevo una cosa così) e con una disinvoltura complessiva che fa contrasto con certa goffa gentilezza dei pezzi precedenti.
Si rallenta di nuovo con Quella triste, probabilmente il pezzo più minimal dell’ep. Sangue, l’ultima canzone nonché title track, sfrutta un crescendo sonoro non proprio maestoso ma di sicuro rilevante, per uno dei pezzi di maggiore importanza dell’ep.
Gli elementi sono semplici, dicevamo. Qui e là perfino troppo semplici, almeno a livello linguistico: è lecito attendersi da un cantautore un po’ di coraggio in più e una scrittura che scavi più a fondo.
L’ep è tuttavia ben riuscito dal punto di vista musicale e apre un buon orizzonte per il cantautore, che dimostra di saper dosare con intelligenza gli elementi a propria disposizione.