La recensione: “Sogno e son fesso”, Sabba e gli Incensurabili #TraKs
Secondo disco per Sabba e gli Incensurabili: si chiama Sogno e son fesso e si caratterizza per dieci canzoni che viaggiano dal folk al “cabaret rock”, occupandosi di realtà private o pubbliche.
Il disco si apre con Chiamatemi Nerone, ballata movimentata tra ironia e attualità, senza fronzoli eccessivi. C’è il sax e c’è un discorso in perdita in un rapporto di coppia all’interno di Non mi fotti più.
Tre minuti di celebrità invece apre di chitarra, ma presto il ritmo si fa vintage, tra il rockabilly e Fred Buscaglione. Le parole sono importanti apre con la citazione del celebre brano di Palombella rossa in cui Nanni Moretti esprime lo stesso concetto: segue canzone swingata per pianoforte e chioma imbrillantinata.
Bang! reinserisce da protagonista il sax e confeziona una canzoncina apparentemente zuccherosa su un testo piuttosto amaro. Valzer senza peso cambia atmosfera e mostra un lato più morbido della band, che riesce a convincere pur abbassando i toni e moderando frizzi e lazzi.
Si rimane a toni contenuti con Per resistere, utilizzata anche come primo singolo, che ha i toni della ballata classica. Ruby Sparks (La Bambola) torna sul fronte rock and roll e parodia.
Il pianoforte e le sue evoluzioni sono invece al centro di Un giorno perfetto. Basta che mi vuoi chiude il discorso con una grande apertura di batteria e con il passo e gli abiti da lentone anni Cinquanta.
A parte l’evitabile polemica contro intellettuali e intellettualismi (ci renderemo mai conto che la maggior parte dei problemi dipendono dagli analfabeti, non dagli intellettuali?) il disco è nel complesso divertente.
La band dimostra una certa versatilità nel cambio di versanti sonori, le citazioni abbondano, i testi ben scritti e gli obiettivi dell’album sembrano tutti centrati.