La recensione: “The Bastard Sons of Dioniso”, The Bastard Sons of Dioniso

Non è proprio semplicissimo sopravvivere ai pregiudizi, nella musica come nel resto della vita. The Bastard Sons of Dioniso probabilmente non si scrolleranno mai l’etichetta di “quelli che hanno iniziato a X Factor”, ma di sicuro ci stanno provando con tutte le forze a non essere accomunati alle varie Franca e Jolanda che escono a getto continuo dai talent italiani.

Fatto sta che a oltre dieci anni dall’esordio e a cinque dall’avventura televisiva, il trio prova a fare i conti con il presente con un disco, il quinto in studio, costruito con attenzione e passione.

Compatto, rotondo e pieno, suonato con intensità e d’impatto, non è l’lp più originale che potrebbe capitarvi in mano, ma TBSOD hanno imparato robuste lezioni impartite da decenni di rock e ne propongono una propria lettura del tutto personale.

Si apre con “Bestia tra il bestiame“: picchiata e sporca, costituisce un biglietto da visita piuttosto aggressivo per il disco. Si pesca da anni di heavy metal, di grunge, di garage rock per lanciare fin da subito un messaggio piuttosto chiaro.

Anche Denti picchia parecchio e le si perdona il giovanilistico “bro” perché il testo è tra i più brillanti del disco, con le variazioni sul tema del riordinamento dei denti dell’interlocutore.

Segue Trincea,  già lanciata come singolo: si parte da tratti rumoristici, cui poi si uniscono gli archi dello Gnu Quartet. Il dialogo tra le due diverse sonorità è interessante, anche perché in questo pezzo il cantanto è meno aggressivo. Il pezzo ha un movimento molto fluido e una costruzione piuttosto strutturata.

Compro oro ha un’introduzione di chitarra e ha qualcosa dei Foo Fighters, qualcosa di più vecchio e qualcosa di più nuovo. Non ho capito se “tradendo i miei cari/per venti denari” è un colpo di genio (il protagonista della canzone tradisce i suoi cari per venti denari, cioè dieci in meno rispetto a quelli di Giuda) o se è un refuso. In ogni caso la canzone è tra le più convincenti del disco.

Precipito, che apre e chiude con cori d’alpini, è un buon pezzo di ritmo medio. Iodio a Milano propone chitarre “aperte” senza nascondersi. Anche qui siamo di fronte a un buon uso di metafore, ma anche a uno spaccato interessante sulla metropoli.

Cassandra è moderata,parte piano di chitarra e voci, la lezione di alcuni classici è piuttosto evidente per ritmi, sinuosità della canzone, uso dei cori. Samurai ci riporta a ritmi molto più aggressivi, veloci e garage rock.

Ti sei fatto un’idea, anch’essa già uscita con video piuttosto divertente, è farina del sacco di Bugo e procede per giri larghi su struttura rock classica. Anche qui lo spunto è la vita quotidiana e, nel caso specifico, i falsi amici.  Si chiude con Ciò che reggeva il mondo: l’apparenza tranquilla nasconde esplosioni. Anche l’uso di echi ed effetti è calibrato nel modo giusto.

E’ un buon lavoro che però non sposta il giudizio: chi li amava continuerà ad amarli, chi non li sopportava non cambierà idea. Forse per un salto vero e completo di qualità, bisognerebbe chiedere alla band qualche salto nel vuoto in più, qualche avventura più azzardata. Ma c’è tutto il tempo.