Si chiamano The Whip Hand, sono tre pugliesi venitreenni e il loro esordio si chiama Wavefold: già vincitori di contest di un certo livello, sono portatori di un sound sicuramente debitore della new wave, interpretato però in chiave non priva di originalità.
Nella musica degli Whip Hand si trovano sia i percorsi ariosi di certe band della dark wave, sia la voglia di correre del punk, miscelati a dovere in una salsa ricca di sconcerto, poca tranquillità, cupe vampe e nebbie britanniche.
Dopo un’Intro piena di echi profondi, si parte con Like Water, robusto rock con venature new wave in cui le chitarre fanno la parte del leone; il cantato resta un po’ in secondo piano.
Try segue altri sentieri scavati dalla chitarra in un’atmosfera piuttosto cupa, con un testo che può forse alludere ai Cure di “Boys don’t cry”, almeno per assonanze, visto il ritornello “I try like a boy”.
Un po’ a sorpresa, Eleven invece accelera d’improvviso, prendendo forme tra il punk e il post punk. Gli ingredienti sono gli stessi dei pezzi precedenti, ma il ritmo è molto più aggressivo.
Ma la velocità di “Eleven” non è un episodio isolato: Lost conferma i battiti del pezzo precedente, come se una volta raggiunta questo ritmo fosse difficile rallentare. Buono il lavoro di basso in questo pezzo, come anche in Today, che torna su ritmi più rallentati ma senza perdere in intensità.
Falling torna a correre e gioca con qualche dissonanza, con un cantato più incisivo e la chitarra sempre in grande evidenza. Arriva poi Arms, con accenti quasi floydiani nell’apertura e poi di nuovo su e giù per i pendii della new wave. Cori e ritmi contenuti in A,seguita da Whenever you want, che si spiega con tutta ampiezza su ottimi dialoghi a sei corde.
Il disco è piacevole e ricco di idee, con qualche incertezza dovuta alla giovane età ma anche con molta energia espressa su tutte le tracce. Piace l’alternanza di ritmi, l’uso degli strumenti a corda, la potenza complessiva.
A parere nostro i pezzi che convincono di più sono quelli in cui si picchia come se non ci fosse un domani, per esempio “Eleven”, gettando alle ortiche ogni prudenza. Ma esortiamo ognuno a giudicare da sé, anche perché il disco è sicuramente meritevole di ascolto.