Da soli mai è il disco d’esordio di Lamine: un processo di crescita che si è concretizzato attraverso alcuni singoli per Viviana Strambelli, un background da attrice e fotografa che ha lasciato spazio alla musica. E la musica le ha da subito riservato da subito parecchie soddisfazioni: ha vinto il Primo Maggio Next 2020, il Premio De André 2019, il premio della critica Fausto Mesolella e il premio per la miglior interpretazione al Bianca D’Aponte 2019, è stata finalista a Musicultura 2020, al Premio Bindi 2019 e due volte a Genova Per Voi.
Al di là dei riconoscimenti, c’è la percezione di essere di fronte a un talento non proprio comune, che cerca un primo approdo integrale grazie a questo disco, otto canzoni e quasi 25 minuti tra canzone d’autrice con arrangiamenti pop.
Lamine traccia per traccia
“Voglio innamorarmi di qualcuno che mi guardi/come la Madonna per almeno quarant’anni”: una richiesta di attenzione prolungata e poetica nel suo essere quasi paradossale. Gira da un po’ Non è tardi, uno dei primi singoli pubblicati da Lamine per dare forza al proprio progetto, e posto in cima al suo disco non a caso, per dare un tono e spiegare qualche concetto di base della sua visione del mondo.
Si prosegue poi con l’esplorazione notturna di San Lorenzo, un brano che esplode piano, crescendo tra elettricità ed elettronica. La capacità di cambiare in corsa, regalando flash improvvisi, si accoppia con la delicatezza delle espressioni e degli sguardi. Le percussioni si fanno rumorose, come capiterà spesso nell’arco del disco.
Freud gioca con l’oscurità, interna ed esterna: Viviana appoggia lì la parte più (apparentemente) innocente della sua voce, mescolando sensualità e contorcimenti interni. “Non voglio fare più niente/non credo più nell’amore/voglio volare più forte/voglio sentirmi un eroe”. La narrazione procede volutamente spezzettata, sincopata, salvo poi acquistare improvvisa fluidità.
Ecco poi Lamine, la canzone da cui la cantautrice prende il nome di battaglia: un brano a tutta intensità e spessore, che prende le proprie mosse dal basso, salendo verso un cielo che però non ha intenzione di regalare molte speranze. Una canzone che ha qualcosa di antico, nonostante l’abito sintetico che indossa.
Tempo per la title track: Da soli mai è un pezzo pensieroso ma ritmato, con percussioni contrastate e nuvolette di pensiero. Il lato più soft qui acquista forme più apertamente pop.
Tocca poi a Penna Bic, altro singolo cardine, portatore di una scrittura drammatica e di immagini fulminanti, costellate di un drumming potente e risonante, a sottolineare un pezzo visionario che per primo ha aperto gli occhi sulla capacità di spiazzare della cantautrice.
Non se ne va procede a passo spedito, ma racconta di nostalgie, accompagnandole con un arrangiamento incalzante e un senso di crescita che non lascia scampo. Il battito è incalzante, discontinuo, sotterraneo e poi emerso, a fare da contrappunto alla voce quasi implorante di Lamine. Il finale si allunga su note di rimpianto.
Quasi una filastrocca a chiudere: Il codice a barre di me procede quasi rotolando, combattendo con gli dei ma soprattutto con la malinconia di una giornata con poco senso. Tranne quello di essere una sorta di kamikaze della vita: “Oggi mi faccio esplodere/voglio essere qualcosa/cerco una forma semplice”.
Ci sono cose che si sentono e cose che non si sentono nella scrittura di Lamine: non fa certo mistero di sofferenze e sentimenti forti, che si percepiscono dietro canzoni crude, aperte come ferite. Ma c’è anche un carattere da ribelle eterna, che magari nasconde la faccia dalla copertina del disco, ma che quando c’è da andare allo scontro (con tutti) la faccia ce la mette eccome.
La scrittura è sempre di alto livello senza sentire l’esigenza di staccarsi dal pop. E, come detto e sottolineato, il talento è impossibile da ignorare, dà segnali di evoluzione ulteriore e finisce per convogliarsi in un disco che, oltretutto, è facile da ascoltare e riascoltare. E’ bene prestare attenzione a Lamine. “Prima che i sogni vadano a dormire”.
Genere musicale: cantautrice
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