Lazzaro è il disco d’esordio dell’omonimo musicista-artista proveniente dalla provincia pistoiese. Prodotto da Nicola Baronti (Venus In Furs, Tōru) e registrato presso La Tana del Bianconiglio, esce per l’etichetta La Rue Music Records – distribuzione digitale a cura di Believe.
“Lazzaro” è il tuo disco d’esordio, che oggi corona un percorso cominciato tempo fa. Ecco, da dove partiresti per raccontare i nove brani che compongono il tuo album?
Parte tutto tre anni fa, con un brano nato da alcune frasi scritte su una pagina di diario. Con la chitarra sotto braccio sono andato a testarlo in soffitta da Elemento Umano che mi ha convinto a registrarlo, poi con il tempo sono arrivati tutti gli altri. Sono tutti brani che nascono da un malessere di fondo, che a volte trova ragioni chiare, altre volte è un buon pretesto per guardarsi attorno.
Per quanto tempo hai lavorato alle canzoni, quali sono stati i principali step del progetto? Quelli che insomma ti hanno fatto capire che la via fosse quella giusta?
Le primissima fase sono le note vocali. Ogni volta che mi viene in mente qualcosa, mi segno subito tutto con una nota vocale e poi, quando sento di essere arrivato ad una struttura finita o quasi, passo ad un primo arrangiamento. Adesso questa fase riesco a sbrigarmela da solo, ma per questo disco ho avuto bisogno dell’aiuto tecnico e artistico di Elemento Umano e Dreabb. Da questa fase ne sono uscito con una pre-produzione già molto chiara, da portare a Nicola Baronti (produttore) per la vera fase di produzione.
Le canzoni di “Lazzaro” dipingono un mondo che a tratti appare arcadico, a tratti distopico: canzoni che parlano di fine e nuovi inizio, senza soluzioni di continuità. Da cosa nascono, queste canzoni? Da quale condizione di partenza di chi le ha scritte?
Come nascono le canzoni è LA domanda. Sicuramente tutto è partito da un’esigenza di fondo, non del tutto consapevole, di esprimermi. Ho iniziato a scrivere in un periodo in un cui non avevo idea di cosa diventare, quindi avevo bisogno di ragionare con calma e dare ritmo ai pensieri. Piano piano ho iniziato a prenderci gusto e a lasciarmi andare anche in piccoli giochi di stile che non tolgono niente alla parte espressiva, dopotutto la forma è contenuto.
Quali sono stati i riferimenti principali della scrittura di “Lazzaro”?
Per la scrittura probabilmente ho ripreso da quei gruppi come Subsonica, Bluvertigo, ma anche i Verdena, con quei loro testi assurdi. Sicuramente quello stile un po’ criptato e pieno di immagini mi è sempre piaciuto, in più ho sempre amato quel fascino per la malattia tipica di quegli anni post Nirvana. Per quanto riguarda il cantato invece ho sempre adorato la voce di Niccolò Fabi, con quelle belle melodie sospese.
Come ti immagini un tuo live? Intimo, oppure simile a un grande rave di resurrezione?
Per il live sto cercando di rispettare i brani e gli arrangiamenti originali, ma con qualche piccola variazione e aggiungendo qua e là alcuni momenti più simili ad un dj- set. Quindi si, ci sarà da ballare ma: chi lo ha detto che un rave non possa essere un momento intimo?
Nel disco, fai anche il conto delle cose che sembri aver perso e di quelle che invece restano, nel bene e nel male, a far compagnia alla nostra “nausea”. Insomma, tu hai capito come ci si salva dalla “morte”?
Probabilmente iniziare ad accettarla come parte del pacchetto sarebbe già una buona cosa. Dobbiamo smettere di consolarci e di guardare al futuro come una soluzione sicura, come se il domani fosse obbligato ad essere migliore.