Le Endrigo, “Le Endrigo”: recensione e streaming

Dopo aver cambiato nome, Le Endrigo pubblicano il nuovo album omonimo per le discografiche Garrincha e Manita Dischi, disponibile anche nelle speciali versioni cd e vinile.

«Siamo nati rubando un nome – racconta la stesso band – e siamo rinati conquistandocelo e dandogli un senso che fosse nostro, di cui siamo sorprendentemente orgogliosi. Una volta deciso questo, abbiamo scritto dieci canzoni».

Il nuovo album Le Endrigo raccoglie dieci canzoni registrate e prodotte da Nicola Hyppo Roda (Keaton) tra le mura del mitico Donkey Studio di Medicina che raccontano il mondo dell’incendiaria band bresciana in una nuova e rinnovata veste: intima, nuda e sincera,  mettendo in campo un disco – come da loro stessi definito –  un pò diverso dai precedenti. 

«D’altronde noi siamo sempre stati un po’ rompicoglioni: se ci dicono che dobbiamo salvare le chitarre elettriche, immediatamente ci viene voglia di pianoforte. Ma alla fine torniamo sempre a fare rumore. A modo nostro».

Suonato da Le Endrigo: Gabriele Tura (voce, chitarra), Matteo Tura (chitarra, basso, piano, synth, cori, voce su Smettere di fumare”), Ludovico Gandellini (batteria). Hanno inoltre partecipato: Nicola Manzan a.k.a. Bologna Violenta (violino, viola e arrangiamento archi su “Infernino” e “Non son capace”), Enrico Farnedi (tromba e trombone su “Standard rock per chi ci ascoltava prima e ora è deluso” e “Korale”), Paolo Pianezza (Steel Guitar su “Non son capace”). I cori su “Korale” sono di Aboubacar Sacko, Hassan Hussein, Amdou Diallo e Alasana Conteh

Le Endrigo traccia per traccia

Si parte da Non son capace, già presentata in veste di singolo, storia tossica narrata soprattutto con la voce e un accompagnamento orchestrale e parzialmente fiabesco.

Si prosegue con altre dichiarazioni di impotenza con Cose più grandi di te, molto più muscolare ed elettrica ma non meno dolorosa, anche in ambito di identità sessuale (e non), con contorno di feste di uomini nudi che fanno “o-o-o-o”.

Anni verdi ha un passo più contenuto e una tristezza più soffusa, affogata in una melodia tranquilla. Ma la seconda parte decolla in modo dinamico e, ancora, sofferto, per confezionare promesse che (forse) si manterranno.

Con qualche accenno PTN e qualche altro TARM, ecco poi Stare soli, sorta di favola noir, danzante e drogata. “La mia debolezza è uno stile di combattimento”.

Si parla di cartoline con Smettere di fumare, pezzo particolarmente picchiato e incisivo, ma anche variegato nei modi. “Non si può guardare Kubrick senza stare male un po’”. Affermazione che vale tutto sommato anche per i dischi di questa band qui, nella fattispecie.

Questioni di odio e uno spot radiofonico nell’intermezzo Un lunghissimo errore. Voce sottile ma concetti fortini quelli espressi in Infernino, altra vicenda di droga che passa soprattutto attraverso voce e chitarra, con sottofondi di archi e di songwriting americano.

Sfasamenti temporali, effetti collaterali e preoccupazione per i fan della prima ora con Standard rock per chi ci ascoltava prima e ora è deluso. Ma infatti, io li ascoltavo ancora quando non avevano l’articolo davanti al nome.

Il cazzo enorme di chi suona abbassa i toni ma alza il livello di dramma, tra contrapposizioni curiose e preoccupazioni molto fisiche e un filo antiromantiche.

Si chiude con Korale, che si alimenta di cori (ovvio) e di fiati, oltre che di un drumming robusto, per una chiusura un po’ funerea e un po’ jazzata.

L’originalità non è mai stata un problema per Le Endrigo, e non lo è dopo il cambio di nome. Il loro rock sa essere aggressivo, intenso e anche poetico e ironico, a tratti. In questa mezz’ora confermano le buone impressioni del passato ma vedono, rilanciano, fanno punk, giocano, si incazzano, si commuovono e addolorano. Mezz’ora di musica significativa e bruciante, che conferma la buona salute di quest’ultima generazione di rock, che zitta zitta sta sfornando dischi consistenti, proprio in mezzo a chi gli vuol fare il funerale.

Genere musicale: rock alternativo

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