Abbiamo scambiato (rigorosamente #senzacontesto) quattro chiacchiere con Lessness, nome che maschera il progetto solista di Luigi Segnana che  torna con un nuovo disco, V. [to the hearts that ache]: un ep che rappresenta un momento di transizione dove rivivono, in versione più intima e acustica, alcuni dei brani di Never Was But Grey, traslandone le sonorità su un piano interpretativo più diretto ed emotivo.

Il tutto in attesa di un nuovo secondo album nato durante il complicato periodo del lockdown, nel corso del quale Luigi Segnana, in mancanza del suo basso (fatalmente in manutenzione), ha sperimentato nuove sonorità minimaliste indirizzandosi verso l’uso di pianoforte e chitarra acustica.

Ciao! Questa sarà un’intervista un po’ atipica: ti verrà chiesto di elencare e commentare cinque cose. Cominciamo:

Il disco che ti ha fatto innamorare della musica

Difficile da dire ci sono stati diversi innamoramenti e tante illuminazioni, però se devo fare un nome secco: Standing on a Beach dei Cure. Il primo disco che abbia mai acquistato dei Cure, per puro caso, e mi ha letteralmente trasportato in un altro mondo percettivo.

Il film che riguarderesti all’infinito senza mai stancarti

Quando mi fanno questa domanda il primo nome che mi viene in mente è sempre: Il mistero Von Bulow (Reversal of Fortune) e non so mai spiegare il perché, forse perché è narrato in parte dalla soggettiva di una donna in coma irreversibile o il fatto che non ti riesca a stare simpatico nessuno dei protagonisti, non lo so, so solo che ogni volta che lo passano lo guardo senza ombra di dubbio o noia. Ce ne sono tanti altri, ma questo è sempre il primo che mi salta in mente.

La canzone che ascoltavi più spesso da bambino

Questa è un’altra domanda a cui preferirei non rispondere. Da bambino rubavo sempre un vecchio 45 giri dei miei genitori e lo ascoltavo a ripetizione, un brutto preavviso della mia capacità di crearmi profonde, per quanto brevi, dipendenze da qualsiasi cosa mi prenda in un determinato momento in qualsiasi settore. Comunque, il disco era di tantissimi anni addietro ed era di Mino Reitano, non ricordo però il titolo. So che i miei a un certo punto, esasperati, lo hanno mandato in vacanza in Belize, e io sono passato a Faith di George Michael.

Quel libro di cui continui a rimandare la lettura

Infinite Jest di David Foster Wallace. Mi prende bene all’inizio ma dopo 200 pagine lo mollo per evidente inferiorità cerebrale.

Una foto senza nessun tipo di contesto

Waldeinsamkeit.

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