L’intervista: Dan Solo, in prima persona
E’ stato per qualche anno bassista dei Marlene Kuntz, ma prima e dopo Dan Solo ha costruito un rapporto importante con la musica, che ora aggiunge una tappa: esce infatti il 20 maggio “Avrei“, ep che anticipa il disco “Classe A“, in arrivo in autunno. Lo abbiamo intervistato.
Hai già qualche anno di carriera alle spalle. Mi puoi raccontare la tua
storia fin qui?
La mia storia comincia un discreto numero di anni addietro, temo che non ci sia spazio sufficiente per raccontarla qui, per intero…
Riassumendo, mi piace ricordare che il basso elettrico, che è il mio strumento primo (e forse unico), arrivò un giorno perché all’epoca avevo dodici anni e ascoltavo gli Iron Maiden. Le parole erano arrivate qualche anno prima, con Fabrizio de Andrè, i cui lp erano quelli che, insieme ai quarantacinque giri di musica italiana degli anni settanta di mia madre, costituivano la discoteca di casa.
Questo è stato il mio imprinting musicale.
Potenza e melodia, insieme alle immagini che le parole del testo evocano.
Ho fin da subito sentito il bisogno di appartenere a una band.
Jester Beast, Pornodrome, Marlene Kuntz, Petrol.
Queste le band che cercavo, che ho fondato, oppure che ho trovato sulla mia strada.
Stili, esigenze, suoni e momenti diversi.
Velocità, sensualità, eleganza, amore e rabbia.
Cinque parole per dare l’idea, per sommi capi, del percorso artistico.
Non in ordine cronologico, ma in movimento, all’interno della cronologia del mio vissuto musicale, in modo convulso, alterno, altalenante…
Dopo anni in band, anche molto importanti, ti sei lanciato in un lavoro da solista: mi puoi spiegare le tue motivazioni e come ti sei trovato a non condividere le responsabilità con qualcun altro?
A un certo punto ho ricominciato a scrivere.
A scrivere e non a suonare. Scrivo da sempre, da quando ho imparato… Scrivo testi di canzoni da quando ho iniziato a suonare. Per me scrivere è parte integrante della mia attività di musicista, ma per un motivo che non è chiaro nemmeno a me, avevo smesso.
Ho rimesso quindi mano a un progetto editoriale, un romanzo di fantascienza, che avevo lasciato nel cassetto (tutti abbiamo un libro nel cassetto…) da un po’ di anni. Dopo circa sei mesi, con il libro non finito, ho virato verso la scrittura verticale, vale a dire non in prosa. E’ stato un passaggio naturale; un bisogno spontaneo, improvviso, che ho assecondato.
In un tempo relativamente breve e di lavoro senza sosta sono scaturiti, da uno zibaldone di versi, parole, strofe e ritornelli, undici testi.
Con il basso, una chitarra e un po’ di tecnologia casalinga, ho scritto, cantato e suonato tutte le parti, dando vita a undici canzoni.
E’ stato allora che mi sono reso conto di avere dato forma, seppur ancora embrionale, a un progetto coerente.
E di averlo fatto da solo.
Da sempre credo nella condivisione, da sempre sostengo il concetto di band, cioè della necessità di avere un nome collettivo, come una bandiera, per rappresentare l’unione delle persone nella realizzazione di uno scopo comune.
Questa volta, però, l’intimità e la poetica, cioè quelle cose che in una canzone si chiamano note e parole, sono scaturite da una sola persona, motivo per cui questo progetto artistico, per sua intrinseca natura, deve chiamarsi come me. Non è stato un passaggio premeditato e la consapevolezza di che cosa significhi mettersi “a nudo” in prima persona si fa sentire in tutta la sua importanza.
Mi ritengo fortunato perché nella fase di produzione vera e propria del disco ho trovato collaboratori-amici molto preparati e motivati; insieme, attraverso il confronto e la condivisione delle esperienze di ognuno, abbiamo sviluppato e definito il suono delle undici tracce.
Perché la scelta di un ep? Come hai scelto le tre canzoni che lo compongono?
Sono partito dall’idea dei quarantacinque giri di una volta.
Ho quindi pubblicato in rete, nell’arco di un anno, il 2012, due singoli.
Oggi il disco è in fase di ultimazione grazie anche al crowdfunding che, attraverso Musicraiser, mi ha permesso di raccogliere parte delle risorse che servono per realizzare un disco come si deve.
Un terzo singolo è pronto. Da qui l’idea del mio ufficio stampa (Astarte agency) di raccogliere i tre brani in un ep e di cominciare così a promuovere questo lavoro.
Questi tre brani, insieme ai video clip che li accompagnano, rappresentano per me, passato presente e futuro, la mia personale trilogia della rinascita.
Quest’autunno uscirà il tuo primo lp da solista. Mi puoi dare qualche anticipazione in merito?
Il mio primo disco come solista e come cantante è un disco di transizione.
Racconto il percorso di un’anima attraverso la metafora della coppia, lui-lei, maschile-femminile, uomo-donna; attraverso le sue contraddizioni, isterie e situazioni diverse ne descrivo la duplicità, il rapporto con la sua metà “altra”.
E’ un percorso emozionale, viscerale, senza fronzoli, che vuole essere la testimonianza della strada da me intrapresa: dalla mia vita precedente, verso la vita nuova.
E’ frutto della collaborazione con diversi musicisti, nuove scoperte e vecchie conoscenze di cui sono molto orgoglioso perché di talento e di sensibilità. Insieme siamo riusciti a costruire una squadra di lavoro estremamente compatta e creativa.
Il disco avrà un suono eterogeneo, così come variegate sono le tracce da cui è composto. La produzione artistica è stata curata a più mani, una sinergia artistica tra personalità con stili differenti.
Il risultato sarà pronto per settembre.
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