Un disco importante, dedicato a vicende tragiche ma senza lasciarsi andare né all’eccesso di sentimentalismo né all’isteria: i Karenina hanno pubblicato da poco Via Crucis (qui la nostra recensione). E ci hanno rilasciato questa intervista.

Sono passati due anni dal vostro esordio discografi
co: che cosa è cambiato nella vostra band
in questo periodo?

Gli elementi della band sono sempre quelli, ormai siamo un gruppo amalgamato e ben affiatato. A ogni disco, però, cerchiamo di cambiare il nostro approccio alla musica e alla forma canzone, per ottenere risultati il più possibile inediti e spiazzanti. Pensiamo che anche questa volta il fine sia stato raggiunto.

L’idea di realizzare un concept legato a una vicenda straziante come quella di Yara Gambirasio è un’operazione a mio parere enorme e piena di rischi. Il primo: quello di essere additati come quelli che cavalcano i fatti di cronaca. Vorrei capire come vi è venuta l’idea e quando avete capito di essere in grado di sostenere un discorso del genere, tra l’altro profondamente legato alla vostra terra di provenienza.

Il concept non è focalizzato su quella vicenda, il fatto di cronaca da te menzionato permette alla storia che vogliano raccontare di avere un contesto temporale e fisico, di avere un punto di partenza e un punto di arrivo.

Ci sono altri episodi legati alla cronaca nera italiana degli ultimi anni ai quali il disco fa riferimento, ma non sono loro i protagonisti dell’opera, si tratta di un filo rosso, di una traccia, un percorso che il protagonista del nostro viaggio intraprende, ma che  sottende al tema principale dell’album, che è il senso di irrisolutezza vivendo in Italia oggi.

Il disco cerca di prendere un punto di vista “interno”, quindi né giornalisti né poliziotti né vicini, ma una soggettiva su tutta la vicenda: quanto è stato difficile assumere questo punto di vista?

In realtà non è il fatto in sé ad avere importanza nella nostra storia, ma è come si riverbera sull’esperienza che il protagonista del nostro viaggio sta per avere; un’esperienza sia fisica, connotata dai chilometri che percorre scendendo e risalendo la penisola, sia emotiva e riflessiva.

Il nostro concept si evolve su diversi piani narrativi , la difficoltà è stata proprio nel riuscire a conciliarli in modo tale che nessuno di essi potesse prendere il sopravvento.

Dal punto di vista musicale trovo che il sound in alcuni casi sia sfiorato da idee orchestrali e quasi progressive: facendo un concept viene naturale?

La cosa non è tanto legata al concept, quanto alla nostra necessità di sperimentare sulla forma canzone lavorando molto sulla struttura e sull’arrangiamento.

È vero però che, sin dall’inizio, eravamo coscienti del fatto che si stava dando vita a qualcosa di complesso e questo potrebbe aver influito sulla composizione della musica, ma anche delle liriche.

Come nasce la scelta di diffondere il disco in vinile+cd, ma anche in download gratuito?

Quella del download gratuito è una scelta secondo noi molto in linea con la direzione che sta prendendo, o che dovrebbe prendere, il mercato discografico/musicale oggi.

La musica è più che mai liquida e di facile reperibilità, e noi vogliamo che non ci sia alcuna barriera tra le nostre canzoni e chi vuole ascoltarle. Sono ancora in molti, però, ad amare il disco come oggetto, e non esiste oggetto migliore, discograficamente parlando, di un bel vinile. Provare per credere.

Il 19 luglio avete presentato il disco alla Casa di Mario di Grandosso, con una rappresentazione tra musica e teatro: mi potete raccontare qualcosa della serata?

È stata una splendida serata, si è creata un’atmosfera magica, e di questo hanno beneficiato tutti gli artisti coinvolti nell’evento. Pensiamo che i presenti abbiano avuto modo di partecipare a qualcosa di speciale e insolito, non a un semplice concerto.
C’erano teatro, arte, visual, una splendida location e tantissima convivialità, e niente di tutto ciò era slegato o a se stante. Rimarrà uno splendido ricordo del 19 luglio 2014.

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