L’intervista: March Division, il synth pop non è mai finito

Hanno pubblicato un ep da sei canzoni pochi giorni fa e hanno le idee piuttosto chiare. Si tratta dei March Division, un quartetto lombardo (ma anche un po’ UK) che spazia dal synth pop anni ’80 all’indie rock più recente. Qui la nostra recensione di “Post Meridian Soul”.  Risponde alle nostre domande Andy Vitali, che è il fulcro della band.

Vorrei che mi raccontassi come nasce il vostro progetto e come si sviluppa: so che ci sono state svolte, cambi di formazione e ingressi più recenti…

Il gruppo è nato nel 2010 a Londra quando io e il batterista Ema (con cui suonavamo dal 2007 in un altra band) abbiamo deciso di formare i March Division. Abbiamo cambiato un po’ di bassisti e nel 2012 siamo arrivati alla formazione attuale. L’arrivo di Ceffo ha segnato il momento del nostro cambiamento da un pop rock inglese più tradizionale ad un rock con forti contaminazioni elettroniche.

Sono curioso di sapere quale sia il vostro metodo di lavoro, posto che siete tutti e quattro esperti di produzione, di arrangiamento e di elettronica.

E’ top secret e non siamo autorizzati a parlarne. Però qualche piccolo dettaglio posso fornirlo. Diciamo che le canzoni le scrivo e le produco io in solitaria nel mio studio. Tuttavia ogni membro della band è attivo a livello di produzione/registrazione finale, soprattutto per quanto riguarda la produzione dello spettacolo live. Con questo disco sono cambiati alla base i metodi di lavoro; se prima ero solito comporre una canzone con una chitarra acustica poi registrarne una demo e infine registrare la versione definitiva con la band, questa volta invece ho provato a sperimentare un processo di scrittura diverso iniziando a comporre usando strumenti elettronici, synth basses, drum loop eccetera.

Spesso i vostri pezzi si “vestono” di elettronica e di synth pop dai chiari richiami 80s, ma sotto c’è una sostanza rock. Quali sono le vostre influenze e quali i vostri gusti?

Io sono cresciuto ascoltando Beatles e Pink Floyd quando avevo 8 anni. A 13 anni ero un patito di Eurodance. Poi sono impazzito per il brit pop con gruppi come Oasis e Verve e poi Stereophonics, Manic Street Preachers, fino ad elevare Noel Gallagher come mio idolo personale. Mi sono poi avvicinato al folk con Dylan e Neil Young e Springsteen e anche i Black Rebel Motorcycle Club mi hanno influenzato parecchio. Tuttavia la musica brit è sempre stata nel mio sangue: Depeche Mode, Doves, New Order, Chemical Brothers, ma soprattutto la band attualmente che mi gasa di più sono i Kasabian.

Di cosa parlano i vostri testi? Che peso hanno nella lavorazione delle canzoni in termini di impegno e di tempo? 

Io do molto peso al testo ma non sempre. La musica viene prima, la melodia, quindi fino a quando non ho il testo e di conseguenza il titolo una canzone non è ancora nata del tutto per me. Può capitare che una canzone la compongo e poi prima di farci un testo passano anni e lascio tutti gli abbozzi di canzoni a invecchiare e maturare in qualche supporto più o meno vintage.

A volte invece capita (più spesso ultimamente) che il testo lo scrivo appena dopo aver composto la musica e quindi mi ritrovo subito con una nuova canzone con tanto di testo e titolo. A volte vengono fuori delle cose nei versi che mi stupiscono e penso “cazzo sono un genio” altre volte invece scrivo boiate e capisco che non è il giorno adatto ed è meglio continuare a dedicarsi alla bottiglia.

I nostri testi parlano di molte cose, non siamo monotematici, parlo di quello che mi passa per la testa e di quello che mi segna in un dato momento storico o della mia vita. Quindi puoi trovare sia amore che cose più sociali e politiche, anche se ad una lettura veloce i testi sembrano sempre negativi, e un po’ dark a dire il vero, c’è spesso una via d’uscita positiva.

Spesso mi piace viaggiare con la mente e creare paesaggi irreali come ad immaginare situazioni di vita comune in scenari apocalittici del futuro.

 Un ep da sei canzoni è “quasi” un lp. Come si può considerare, nei vostri progetti, “Post Meridian Soul”? Un aperitivo, un antipasto, un pasto leggero…?

Un ep di 6 brani è mezzo disco, disco che noi abbiamo già pronto, ma volevamo tastare un po’ il terreno anche perché l’uscita del disco, che ormai è pronto da un anno, la vogliamo fare bene. Per cui si, è una sorta di aperitivo… non abbuffatevi troppo che presto sarà servita la cena!