L’intervista: nel teatro degli Underdog
Sette elementi (più ospiti) sul palco, una carica di sperimentalismo e di voglia di sorprendere molto spinta, i suoni del jazz, dell’avanguardia, del noise mescolati insieme: c’è tutto questo in “Roundabout Rome: Live Sessions“, il dvd che gli Underdog pubblicano oggi, 26 marzo (qui la nostra recensione).
Una scelta coraggiosa, quella della pubblicazione di un dvd, per una band che fa una musica di avanguardia. Ma del resto, se non sei coraggioso, probabilmente non fai avanguardia. Diego Pandiscia, cantante, contrabbassista e genio multiforme della band, risponde così alle nostre domande.
La scelta di un dvd può sembrare piuttosto coraggiosa in tempi come questi. Mi puoi spiegare le vostre motivazioni?
In realtà le cose accadono per caso, avevamo contattato The Blobvideo per effettuare delle riprese del nostro live all’ Auditorium Parco Della Musica per generazione XL, ci interessava avere una documentazione live perchè avevamo come ospite Giovanni Gulino dei Marta Sui Tubi alla voce e Ben Lamar Gay (un trombettista dell’associazione di ricerca jazz sperimentale di Chicago). I ragazzi hanno ripreso tutto il live, e parlando con la produzione Martelabel è nata la sera stessa l’idea di farlo diventare un dvd.
All’ inizio ero titubante, poi in quel periodo siamo stati a suonare molto in giro, il batterista di allora sarebbe partito a breve per Chicago e nell’affrontare il terzo disco avremmo avuto sicuramente dei cambi di formazione, ci siamo detti “perchè no, immortaliamo questa formazione, questo periodo, prima di rimescolare tutto”.
Inoltre la componente teatrale/circense che portiamo nei live è talmente rilevante che, forse, per assaporare appieno gli Underdog bisogna vederli suonare e non ascoltarli semplicemente su disco.
Poi io sono incastrato tra microfono e basso quindi a volte non mi accorgo di quello che accade dall’altra parte del palco, una volta il trombonista durante un pezzo live ha iniziato a fare la “ciclette” a gambe in su e non capivo perché il pubblico guardasse esattamente il lato opposto al mio, me ne sono accorto giorni dopo quando, parlandone con Alberto il trombonista, mi è stato risposto: “Ah, sì, in quel pezzo non suonavo molto e allora non avendo nulla da fare mi sono messo a fare ginnastica, sai non mi andava di stare fermo ad aspettare che toccasse a me”. Finalmente posso vedere quello che fanno gli altri Underdog mentre suono.
Non avendovi mai visti dal vivo, sono rimasto molto sorpreso dalla carica (mi si perdoni la banalità) “rock” che esprimete sul palco, ho trovato il concerto quasi “muscolare”. Vi fa piacere che emerga anche questo lato così fisico della vostra musica?
Be’ come ti dicevo, quello che te chiami “muscolare” io lo chiamo “teatrale” ma il concetto non cambia. Siamo sette musicisti che salgono su un palco e iniziano a suonare, senza coordinarsi, accadono cose spontaneamente, e quindi ogni volta il concerto cambia forma e stile.
Siamo incontrollabili dal vivo proprio perché non ci interessa preparare lo spettacolo: suoniamo e facciamo quello che ci viene da fare esattamente come succede nelle prove, ci mettiamo a nudo perché siamo a nostro agio. Mi rendo conto che sembriamo sette alienati, probabilmente è cosi.
Nei concerti oggetto del dvd vi siete esibiti accanto ad alcuni ospiti illustri. Puoi raccontare come li avete incontrati e come è stato suonare con loro?
Uno degli obiettivi del progetto Underdog è di mescolare e sperimentare il più possibile, abbiamo avuto la fortuna in questi anni di suonare i nostri brani con moltissime persone, per esempio i Faust, Geoff Leigh, Badara Seck, Luigi Cinque, Kole Laca, Antonello Salis, insomma è una cosa che adoriamo fare e che ci fa crescere. Ci interessa l’incontro sia musicale che umano.
Quando a generazione XL mi hanno chiesto di portare un ospite che ci rappresentasse, che esprimesse i nostri ascolti, il nostro background, sono andato in panico, ho pensato: “Come faccio? Siamo sette persone diverse che ascoltano cose differenti e vengono da ambienti differenti?!”.
Allora alla fine abbiamo deciso che andavano mescolati gli Underdog con un cantante italiano, e attualmente nel panorama musicale i Marta Sui Tubi ci sembravano il gruppo abbastanza folle da poter accettare questo miscuglio. All’inizio prima di suonare insieme Giovanni (Gulino, il cantante di Marta Sui Tubi, Ndr) era contento ma molto distaccato, sulla difensiva, cercava di capire chi eravamo, il disco gli era piaciuto ma poi dal vivo, come suonavamo?
Dopo il primo pezzo insieme è scattato l’amore, era onoratissimo ed era stato spiazzato dalla nostra versione de “L’Abbandono”, gli era piaciuta molto.
Ben Lamar invece in quel periodo era in tour in Italia con Tommaso Moretti (il nostro batterista fino al 2013), lo abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto di unirsi a noi per la serata dell’Auditorium, detto fatto, in due session avevamo riarrangiato sette brani. Suonare con lui è stata un’esperienza formativa fortissima.
L’Angelo Mai, teatro di metà del vostro dvd, è stato di recente oggetto di sgombero. Qual è il vostro parere in merito?
Data questa società, le condizioni attuali, è importantissimo che alle persone sia dato il diritto all’abitare e il diritto a esprimersi, al comunicare, a creare spazi di aggregazione e di cultura. Se queste cose vengono negate mi sembra giusto riconquistarle anche con la forza.
Attualmente a Roma i posti occupati sono, salvo alcune eccezioni, le uniche realtà che ancora lottano per dare cultura, per formare e per mettere le persone in comunicazione. Ci abituano al bello, al non banale, a tenere la mente attiva, proponendo cultura e arte libere dal concetto di profitto: “Faccio il live tal dei tali così viene tanta gente e faccio tanti soldi”. Non avrei mai conosciuto la musica che ascolto se non avessi frequentato determinati posti.
Mi ripeto, questi posti creano cultura, fanno pensare e mettono in discussione, per questo li chiudono! Ah, ovviamente parlo delle occupazioni di sinistra, non mi nominare Casapound.
Non ci penso proprio! Perché la scelta di rilanciare come singolo “Macaronar” che era già inclusa in “Keep calm”?
“Macaronar” chiude il ciclo dei singoli di “Keep Calm”. Il video, nato e girato quasi per gioco era pronto da un po’, dovevamo solo aspettare il momento di renderlo pubblico. Che poi a noi succede sempre il contrario, arrivano i videomaker e ci dicono: “Bella questa canzone ho un’idea per un video”. Non pianificamo praticamente nulla, esce il disco e poi le cose accadono!
Siete al lavoro su un disco nuovo? Puoi anticipare qualcosa in merito?
Abbiamo finito una seconda session proprio durante quest’ultimo tour, dopo aver registrato due dischi con una formazione praticamente stabile in questa nuova avventura ci saranno new entry, stiamo collaborando con diversi musicisti e verranno utilizzati anche strumenti differenti. E’ un disco più maturo, ricco di tutte le esperienze e le persone incontrate dal 2009 a oggi.