Radici friulane, formazione internazionale e un progetto cantautoriale: questo il ritratto, in breve, di Giulia Marcuzzi, in arte Lotus, si è divisa in questi ultimi anni tra Germania e Italia. Le sue canzoni raccontano il viaggio di scoperta di un’altra cultura e della sua identità. Oltre è il suo nuovo disco.
Lotus traccia per traccia
Atmosfere morbide e piuttosto malinconiche quelle che introduce Mente, il primo brano del disco, che però sceglie anche percorsi dinamici e fluidi.
Più lenta e in qualche modo definitiva Il canto del cigno, con archi e toni più languidi.
Ma se fosse già pronta l’etichetta di artista tutta cuore e sensibilità, ecco che Lotus sfoggia la parte pop: Aspetto solo un luogo si mette a ballare con un ritmo veloce e intenso.
Si torna sul morbido con Origine, impegnata in un’introspezione soffice. Pianoforte e qualche ricordo d’infanzia contraddistinguono Semplicità (a fari spenti).
C’è molta dolcezza anche in Inverno, sempre coniugata in forme pop ben levigate e punteggiate dal ritmo.
E se con Giochi di parole la malinconia si prende ancora spazi piuttosto vasti e corposi, come a offrire sfoghi per tristezze profonde, con Quello che conta riemerge il lato più frizzante, insieme alla doppia compagnia di Sete e Claudia Mattioni.
Si chiude con un brano cantato in tedesco, Heimat: la “piccola patria” è celebrata con una canzone di media velocità, in cui le ispirazioni internazionali incontrano un gusto per la melodia abbastanza cisalpino.
Piacciono entrambi i lati di Giulia/Lotus: da una parte quello più introspettivo e dall’altro quello che regala sprazzi più vivaci e ballerini. Anzi: probabilmente non sarebbe stato un errore cercare un equilibrio quasi paritario fra le due anime del disco, concedendo più spazio ai brani più rapidi. Ma naturalmente c’è da tenere in conto l’ispirazione che non arriva a comando e che sceglie da sé le proprie strade.